Tag: Pedagogia e Educazione

  • 5 Padri in Azione: Quotidianità, Aspettative e Scoperte

    5 Padri in Azione: Quotidianità, Aspettative e Scoperte

    La paternità è un viaggio unico, ricco di scoperte e memorie preziose. Nell’articolo “5 Padri in Azione: Quotidianità, Aspettative e Scoperte”, ho raccolto le testimonianze di giovani papà con figli dai 2 ai 7 anni.

    Hanno condiviso con me gioie, sfide e riflessioni sulla loro esperienza quotidiana. Grazie al mio approccio da Pedagogista Digitale e al metodo delle Biografie Pedagogiche, ho dato valore a queste narrazioni.

    Ogni intervista è stata trascritta con ascolto attivo e fedeltà alla Verità Narrativa. Questo significa mantenere emozioni, autenticità e linguaggio originale dei protagonisti.

    L’obiettivo? Dare voce alla loro esperienza, così com’è stata vissuta e raccontata. Ecco l’essenza della Biografia Pedagogica.

    Per rendere il contenuto più chiaro, ho suddiviso la narrazione in due articoli. Ogni lettore potrà esplorare i temi principali in base ai propri interessi.

    Questo è solo l’inizio. Con Esperienzanarrata, il progetto “5 Padri in Azione” vuole raccogliere altre storie. L’obiettivo è creare un libro che offra un confronto sincero tra genitori. Uno spazio di condivisione autentica. Un’opportunità per i padri di riscoprire e rafforzare il proprio ruolo, nel presente e per il futuro dei figli.

    Buona lettura!

    5 Padri in Azione: Le Mattine di Caos e Tenerezza

    Il risveglio è spesso un caos affettuoso per questi papà.

    Giorgio, padre di due bambini di 4 e 2 anni, racconta: “Le mie mattine iniziano con la carica dei miei figli. Alle 6:30 sono già svegli e pronti all’azione!” Ride e aggiunge: “Ci provo sempre a dormire qualche minuto in più, ma so che è impossibile!” Nonostante la stanchezza, per lui questi momenti sono un punto fermo della giornata. “Facciamo colazione insieme, prepariamo le ultime cose per la scuola, mettiamo un po’ di musica… e alla fine mi lascio trascinare dalla loro energia.”

    Anche Alessandro e Andrea, nonostante le loro carriere impegnative, trovano il modo di essere presenti al mattino. “Cerchiamo di accompagnare i figli all’asilo o di fare una breve passeggiata prima di separarci per la giornata.” Per loro, questo rito mattutino è più di una routine. È un gesto di supporto alla partner e un momento speciale di connessione con i figli. Un’opportunità per far sentire la loro presenza.

    Marco, papà di un bambino di 7 anni, vive le sue mattine tra corse e piccoli riti. “Ogni mattina è una sfida a far combaciare tutto, ma mi piace iniziare la giornata insieme.” Nonostante il ritmo frenetico, per lui è un’occasione preziosa. Un momento per creare ricordi e trasmettere sicurezza a suo figlio. “Quando posso, mi prendo qualche minuto per scambiare due parole o fare una battuta. Basta un sorriso per dare il giusto tono alla giornata.”

    Federico, invece, ha creato un saluto speciale con suo figlio. Ogni mattina, dopo averlo lasciato all’asilo, si scambiano un ultimo sguardo dalla finestra. “Un piccolo gesto,” dice Federico, “che vale più di mille parole.”

    5 Padri in Azione: La tenerezza paterna
    5 Padri in Azione: La Tenerezza Paterna

    5 Padri in Azione: Momenti Semplici e della Routine Serale

    Per molti di questi papà, il momento serale è quello in cui si raccoglie l’essenza della giornata. Andrea e Federico sottolineano l’importanza della routine del bagnetto, della cena e della lettura della buonanotte, che crea un ambiente rassicurante e caloroso per i loro bambini. Andrea racconta con emozione: “Poi, se devo dirti il momento più bello in assoluto, ti direi che è quello della lettura dei libri serali e dell’addormentamento insieme. È un momento speciale perché siamo lì, tutti vicini, e c’è uno scambio di affetto che è del tutto inconsapevole ma autentico. Quella è sicuramente la parte che mi piace di più, quella vera e spontanea.”

    Per molti di questi papà, la sera è il momento in cui si raccoglie l’essenza della giornata.

    Andrea e Federico danno grande valore alla routine serale: bagnetto, cena e lettura della buonanotte. Piccoli rituali che creano un ambiente rassicurante per i loro bambini. Andrea racconta con emozione: “Se devo dirti il momento più bello, è sicuramente la lettura serale e l’addormentamento insieme. Siamo lì, tutti vicini. C’è uno scambio di affetto inconsapevole ma autentico. È il momento che mi piace di più, quello vero e spontaneo.”

    Alessandro ha creato un appuntamento speciale con sua figlia: ogni settimana la accompagna a nuoto. “Fare piscina con lei è divertentissimo,” racconta con entusiasmo. “È il nostro momento di gioco e risate, qualcosa che aspetto sempre con piacere.” Per lui, non è solo un’attività sportiva. È un’occasione per rafforzare il loro legame e creare un piccolo rituale familiare che entrambi amano.

    Giorgio sente che “la giornata ha senso solo quando ha giocato con loro.” Per lui, il gioco fisico è insostituibile. È il modo più naturale per connettersi con i suoi figli. “Sono abbastanza fisici, loro, come lo sono io. Ci piace fare i giochi da papà, mettiamola così.” Ma il gioco non è solo movimento. Giorgio ama spiegare il mondo ai suoi figli in modo semplice, adattando ogni spiegazione alla loro curiosità. Ricorda con affetto i “Libri del Progresso” della sua infanzia, pieni di immagini e testi brevi. “Ora sarebbe bellissimo fare lo stesso con i miei figli.” Per lui, questi momenti sono molto più che semplici giochi. Sono la condivisione della gioia della scoperta, un valore che spera di trasmettere per sempre.

    Anche per Marco, papà di un bambino di 7 anni, la sera è un momento speciale. “Dopo una giornata lunga, mi piace finire le serate con lui, stando semplicemente insieme, magari guardando un cartone.” Marco apprezza la naturalezza di questi attimi. Sono momenti di calma e vicinanza, una finestra di contatto autentico con suo figlio. “A volte mi siedo accanto a lui, gli accarezzo i capelli e ascolto le sue storie, anche le più semplici. Mi fanno sentire vicino al suo mondo. Spero che, crescendo, si ricordi di questi momenti.”

    5 Padri in Azione: Tempo del Gioco
    5 Padri in Azione: Il Tempo del Gioco

    5 Padri in Azione: Tra Aspettative, Scoperte, Osservazione e Ascolto Attivo dei Figli

    Diventare padre è un viaggio fatto di scoperte e sorprese, spesso lontane dalle aspettative.

    Alessandro racconta una rivelazione inaspettata: la sensibilità di sua figlia. “Non mi aspettavo che lei percepisse così tanto il mio umore. Mi ha insegnato a essere più consapevole.” Questa consapevolezza lo ha spinto a lavorare su se stesso. Ha imparato a essere un padre più attento, non solo alle esigenze pratiche, ma anche a quelle emotive.

    Anche Marco ha dovuto ridimensionare le aspettative. Pensava che suo figlio gli somigliasse, ma ha scoperto una personalità unica. “Pensavo di poterlo comprendere facilmente, invece ogni giorno scopro un bambino diverso da me, con il suo mondo e le sue preferenze.” Accettare le differenze e rispettare l’unicità dei figli è diventato, per lui, il cuore della paternità.

    Per Giorgio, la paternità ha riportato alla luce il valore delle piccole cose. Spiegare il mondo ai suoi figli in modo semplice è diventato un momento speciale. “Quando spiego a mio figlio perché le coperte sono fredde all’inizio e poi diventano calde, vedo nei suoi occhi meraviglia e curiosità. Osservare come interiorizza queste scoperte e le ripete a scuola è una continua sorpresa.” Questo processo di trasmissione gli ha fatto riscoprire il piacere di mostrare il mondo con spontaneità. Un aspetto della paternità che non si aspettava potesse essere così gratificante.

    Anche Andrea ha trovato sorprese lungo il cammino, soprattutto osservando come i figli interagiscono con il mondo esterno. “Vederli entrare in un contesto diverso dalla famiglia, come l’asilo, e sentirsi sicuri mi riempie di gioia. È bello scoprire che hanno già una loro indipendenza.” Questa consapevolezza lo ha aiutato a ridimensionare le preoccupazioni e a fidarsi della loro capacità di adattarsi. “Accompagnarli all’asilo è uno dei momenti che apprezzo di più. Vederli sereni in uno spazio tutto loro mi rende felice e fiero.”

    Federico vive la paternità in modo istintivo, senza aspettative o regole rigide. “Volevo solo esserci e godermi ogni momento,” racconta. Questo approccio spontaneo gli permette di affrontare ogni giorno come un’opportunità unica, senza pressioni. Per lui, il ruolo di padre è cambiato. Oggi si vive con più parità, sia nel rapporto con i figli che all’interno della coppia genitoriale. “Non è solo una questione di fare, ma di voler fare,” afferma. Il suo desiderio è che suo figlio cresca vedendo entrambi i genitori come figure di riferimento, uguali e complementari.

    5 Padri in Azione - Scoprire il Mondo Insieme
    5 Padri in Azione – Scoprire il Mondo Insieme

    La narrazione continua…

    I ‘5 Padri in Azione‘ mostrano come i piccoli gesti quotidiani possano creare legami profondi tra padri e figli. Un saluto dalla finestra. Una lettura serale. Un racconto. Uno sport. Un gioco condiviso.

    Ogni routine ed emozione diventano tasselli di una relazione autentica e affettuosa.

    Ma il viaggio non finisce qui. Nella seconda parte, parleremo del coraggio di superare le aspettative e della sfida di conciliare lavoro e famiglia. Scopriremo come ogni padre trasforma il suo ruolo per essere una presenza viva e consapevole nella vita dei figli.

    Vuoi scoprire come proseguono queste riflessioni sulla paternità moderna? Nel prossimo articolo parleremo di sacrifici, scelte e del delicato equilibrio tra lavoro e famiglia. Insieme esploreremo la Nuova Generazione dei Papà. Non perdertelo!

    Concludo questa prima parte con un invito a…

    ….. leggere anche l’articolo ‘Pedagogista in Casa: Percorsi Innovativi per le Famiglie’.

    Qui approfondisco come questa figura possa offrire un supporto concreto nella vita quotidiana. Il/la Pedagogista in Casa si basa su un approccio sistemico, con ascolto attivo e consapevole. Il suo obiettivo è comprendere le dinamiche familiari e rispondere alle esigenze di ogni membro. Attraverso un intervento mirato e una guida preziosa, aiuta le giovani coppie a creare un ambiente sereno e stimolante. Una presenza costante che accompagna la crescita della famiglia, favorendo equilibrio e consapevolezza.

  • Pedagogista in Casa: Percorsi Innovativi per le Famiglie

    Pedagogista in Casa: Percorsi Innovativi per le Famiglie

    Pedagogista in casa: il colloquio

    Perché questo titolo? Pedagogista in Casa: Percorsi Innovativi per le Famiglie.

    L’idea della/del Pedagogista in Casa è nata anche dalla mia esperienza di nonna. Dopo la nascita del mio nipotino, ho osservato da vicino le trasformazioni familiari. L’arrivo di un bambino cambia profondamente le dinamiche. Avere un supporto professionale aiuta la coppia genitoriale a mantenere l’armonia in questa fase delicata. Le risorse online, per quanto utili, non bastano. Solo una presenza umana può rispondere ai bisogni concreti e aiutare i genitori a lavorare come una squadra coesa.

    Anche l’esperienza nell’ Assistenza Domiciliare Minori (ADM) ha confermato il valore di un intervento continuativo. Lavorando a lungo con le famiglie, ho visto cambiamenti significativi. All’inizio, la presenza di un’educatrice sembra intrusiva. Con il tempo, però, la fiducia si costruisce e la relazione diventa occasione di crescita. Il mio mandato riguardava il minore, ma il vero cambiamento avveniva quando coinvolgevo i genitori. Aiutandoli a comprendere i propri comportamenti, miglioravano le relazioni familiari.

    L’ approccio sistemico ha dimostrato che il benessere dei bambini passa dai genitori. Nessuno nasce pronto per questo ruolo. Lo si apprende giorno dopo giorno. È proprio questa visione che ha dato vita alla figura della/del Pedagogista in Casa. L’obiettivo è aiutare le famiglie a crescere insieme in armonia. Non si tratta di un intervento isolato, ma di un percorso che le accompagna nel tempo.

    Il Ruolo della/del Pedagogista in casa

    L’approccio sistemico della/del Pedagogista in Casa si concentra sul benessere dell’intera famiglia, non solo del singolo individuo. Si ispira alle teorie della complessità apprese durante gli studi con la docente Laura Formenti. Questo metodo considera la famiglia un sistema interconnesso, dove ogni membro influisce sugli altri. I problemi non vengono isolati, ma affrontati nel contesto familiare per favorire un cambiamento collettivo.

    La Maieutica, basata sul dialogo e l’ascolto, guida la famiglia a trovare soluzioni già presenti al suo interno. Come uno scultore libera la forma nascosta nel marmo, il Pedagogista aiuta a far emergere nuove modalità di relazione e crescita.

    La presenza della/del Pedagogista in Casa è come un “terzo occhio e orecchio”. Osserva e ascolta con discrezione, facilitando la trasformazione senza imporre soluzioni preconfezionate. Il lavoro non si limita all’ambiente familiare, ma spesso si integra con altri professionisti. Questo crea un dialogo costante e condiviso.

    Non offre risposte definitive, ma accompagna la famiglia nella ricerca delle risorse già presenti in ognuno. Proprio come Socrate con i suoi discepoli, usa domande e riflessioni per aiutarli a scoprire la verità dentro di sé.

    Pedagogista in Casa: Perché in casa?

    Essere presente nel quotidiano della famiglia permette di osservare come vengono vissuti gli spazi. I movimenti delle persone e la disposizione degli oggetti rivelano abitudini emotive e relazionali. Questi dettagli aiutano a comprendere meglio le dinamiche familiari. Offrono una prospettiva unica rispetto a incontri esterni o consulenze sporadiche.
    La presenza regolare consente un intervento mirato e continuo. Si adatta naturalmente alla vita quotidiana della famiglia. Il cambiamento avviene in modo graduale e senza forzature.

    Spazio fisico, oggetti e abitudini

    Entrare nelle case è fondamentale per questo progetto. L’organizzazione degli spazi e la disposizione degli oggetti svelano molto sulle abitudini familiari. Anche i movimenti quotidiani riflettono aspetti personali, emotivi e relazionali.

    Come sottolineato nei corsi di Luca Mazzucchelli, l’ambiente fisico racconta le dinamiche della famiglia. Osservarlo aiuta a comprendere più a fondo le relazioni all’interno del nucleo familiare.

    La Giusta Distanza

    Un concetto chiave è la Giusta Distanza. Come un direttore d’orchestra bilancia i suoni per creare armonia, la/il Pedagogista in Casa osserva la famiglia mantenendo equilibrio tra vicinanza e distanza.

    La distanza garantisce obiettività e rispetto dello spazio familiare. La vicinanza permette un intervento continuativo e mirato. Questo aiuta la famiglia nel lungo termine, facilitando cambiamento e crescita.

    Crescita condivisa

    La/il Pedagogista in Casa promuove una crescita condivisa in famiglia. Attraverso l’ascolto attivo e la riflessione, facilita il cambiamento e lo sviluppo collettivo. Accompagna la famiglia nel trovare soluzioni e nuove modalità di interazione più armoniose.

    La lettura condivisa e l’ attenzione al particolare
    entrare-in-sintonia-con-il-bambino
    La concentrazione la si sperimenta e allena sin da piccoli. I genitori sono i primi maestri di vita

    A chi si rivolge la/il Pedagogista in Casa?

    Per le neo-famiglie

    Nei primi mesi di vita, le famiglie affrontano scelte importanti. Devono decidere tra asilo nido, tata o supporto dei nonni. La/il Pedagogista in Casa offre un sostegno prezioso in questo periodo delicato. Aiuta i genitori a trovare equilibrio tra le esigenze del bambino e della coppia, mettendo al centro il benessere familiare.

    Per famiglie con figli pre-adolescenti e adolescenti

    Con la crescita dei figli, la comunicazione in famiglia diventa più complessa. Temi come orientamento scolastico, gestione delle emozioni e conflitti quotidiani possono creare tensioni. La/il Pedagogista in Casa aiuta a mediare il dialogo. Facilita la comunicazione tra genitori e figli, promuovendo soluzioni positive.

    Per famiglie con figli con disabilità o fragilità

    Le famiglie con figli con disabilità o fragilità affrontano sfide complesse. La/il Pedagogista in Casa offre un supporto concreto, alleggerendo il carico familiare. Collabora con altri professionisti per trovare soluzioni adeguate. L’obiettivo è migliorare il benessere familiare e affrontare le esigenze educative e relazionali in modo globale.

    La coppia e il suo ruolo genitoriale

    Per quanto una coppia possa prepararsi alla genitorialità, nessuno è mai completamente pronto. Si dice spesso: “Il mestiere più difficile è quello del genitore”. Questa verità emerge fin dal primo pianto del bambino, spesso incomprensibile.

    Internet offre molte risposte, ma un professionista che ascolta e supporta la coppia è una risorsa inestimabile. Affrontare questa fase richiede impegno. I genitori devono mettersi in gioco sia individualmente che nel nuovo ruolo. Non si tratta solo di evitare il classico “fai tu”, ma di sentirsi una squadra. Insieme, lavorano per il benessere dei figli e della coppia.

    Se la coppia attraversa una crisi o si avvicina alla separazione, il ruolo genitoriale resta fondamentale. È essenziale mantenerlo con rispetto per i figli. La/Il Pedagogista in Casa aiuta i genitori a dialogare in modo costruttivo, anche quando la relazione sentimentale è in difficoltà.

    Collabora con psicologi, mediatori familiari e assistenti sociali. Questo lavoro in rete garantisce il benessere dei figli e preserva la continuità della genitorialità in un ambiente sicuro e stabile.

    Prendersi per mano e camminare insieme: la Famiglia

    I Benefici di una Pedagogista in Casa

    La/il Pedagogista in Casa aiuta genitori e figli a sviluppare un dialogo aperto e sincero. Utilizza tecniche di ascolto attivo e mediazione. Questo favorisce una comunicazione rispettosa e fiduciosa. Aiuta a risolvere le tensioni quotidiane.

    La/il Pedagogista supporta i genitori nel prendere decisioni scolastiche e formative, tenendo conto delle necessità dei figli e delle dinamiche familiari, riducendo lo stress legato a queste scelte.

    Attraverso strategie per gestire i conflitti, la/il Pedagogista aiuta la famiglia a riconoscere e risolvere le dinamiche disfunzionali, favorendo un ambiente sereno e rispettoso per tutti i membri.

    La/il Pedagogista in Casa crea una rete di supporto, mettendo in contatto la famiglia con Psicologi, Terapisti o Mediatori, per garantire un aiuto completo e coordinato in situazioni di disabilità o fragilità.

    Durante l’adolescenza o nelle scelte scolastiche, la/il Pedagogista favorisce il confronto tra genitori e figli, affrontando insieme temi come autonomia e aspettative, promuovendo ascolto e comprensione reciproca.

    Osservazione e partecipazione ai piccoli progressi
    Primi dialoghi, negoziazioni. Genitori che trovano il tempo di mettersi in gioco con i loro bambini

    Un percorso, non una consulenza

    L’intervento della/del Pedagogista in Casa non è un singolo incontro. Non si tratta di una consulenza isolata, ma di un percorso continuo.

    Gli incontri iniziali sono regolari e frequenti, preferibilmente settimanali. Questo periodo dura almeno alcuni mesi. L’obiettivo è creare una relazione profonda e significativa con la famiglia. Su questa base si costruisce un processo di crescita condiviso e duraturo

    Successivamente, gli incontri possono diventare mensili. Il supporto, però, rimane costante fino all’adolescenza dei figli. Il percorso si adatta alle esigenze della famiglia, offrendo una supervisione a lungo termine.

    La/Il Pedagogista in Casa fornisce strumenti concreti per affrontare le sfide educative. Aiuta la famiglia a gestire in autonomia il cambiamento, mantenendo equilibrio e armonia nel tempo.

    Un nuovo pensiero per la Società: la/il Pedagogista in Casa come Servizio Istituzionale

    Con l’entrata in vigore della Legge n. 55 del 15 aprile 2024, viene istituito l’Albo dei Pedagogisti e l’Albo degli Educatori Professionali Socio-Pedagogici. Questo riconoscimento dà alla/il Pedagogista una legittimazione chiara nel panorama sociale ed educativo.

    Una proposta innovativa potrebbe essere l’introduzione della/del Pedagogista in Casa come figura istituzionale. Se fosse accessibile a tutte le famiglie, diventerebbe un riferimento stabile. Proprio come i Pediatri o i Medici di famiglia, potrebbe aiutare nella prevenzione dei disagi e nella promozione di relazioni sane.

    Non accadrà nell’immediato. Tuttavia, sperimentare questa figura professionale sarebbe un ottimo punto di partenza. Potrebbe diventare un’estensione naturale degli interventi di ADM.

    Conclusione

    La/il Pedagogista in Casa non è solo una guida per affrontare le sfide educative. È un’alleata per le famiglie che vogliono crescere insieme in armonia. Aiuta a migliorare la comunicazione e il benessere relazionale.

    Hai mai pensato che un supporto professionale possa prevenire difficoltà? Può aiutarti a costruire una solida base familiare fin dall’inizio. Vuoi essere proattivo nella crescita dei tuoi figli e mantenere un dialogo aperto in casa?

    Un accompagnamento pedagogico fa la differenza. Creare un ambiente sereno è possibile. Con un supporto personalizzato, possiamo migliorare la comunicazione e favorire la crescita di tutta la famiglia. Dall’infanzia all’adolescenza, ogni fase può essere accompagnata con cura.

    Il Cambiamento inizia da un semplice passo: mettersi in gioco per il bene della Tua Famiglia.

    Chi sono

    Da anni entro nelle case delle famiglie per aiutarle a ritrovare equilibrio e serenità. Ho lavorato come educatrice per i servizi sociali e la Cooperativa L’Anello di Meda, accompagnando genitori e figli in momenti di difficoltà. Il mio approccio è preventivo e relazionale: credo che migliorare la comunicazione familiare sia la chiave per crescere insieme in armonia.

    Come madre single, ho vissuto in prima persona le sfide della genitorialità. Questo mi ha portato a laurearmi in Pedagogia e a specializzarmi nelle relazioni familiari. Ho visto quanto un supporto concreto possa fare la differenza nel quotidiano, aiutando i genitori a comprendere meglio i propri figli e a costruire un ambiente sereno.

    Oggi opero come Pedagogista in Casa, un ruolo che permette di affiancare le famiglie nel loro contesto reale. Ogni casa racconta una storia, ogni famiglia ha bisogno di essere ascoltata.

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  • Biografie Pedagogiche: Memorie Familiari di Valore

    Biografie Pedagogiche: Memorie Familiari di Valore

    Raccolta delle Memorie Familiari: Un Percorso Pedagogico per Anziani e Malati di Alzheimer

    Le memorie familiari raccolte nella Biografie Pedagogiche sono un patrimonio inestimabile, un filo invisibile che collega generazioni e dona senso alla nostra storia personale.

    Le Biografie Pedagogiche nascono proprio con questo intento: raccogliere e valorizzare le memorie, dando voce a chi, con il passare degli anni, rischia di essere dimenticato.

    Il mio percorso in questo ambito affonda le radici nella mia Laurea Specialistica in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa, intitolata:

    L’Architettura della Mente: Costruzione di un Percorso Narrativo e di Apprendimento Significativo in un caso di Alzheimer.

    Nel lontano 2007 condussi una ricerca di tre mesi presso il Centro Diurno Terapeutico “Filo d’Arianna” di Pro Senectute, a Balerna (CH), dove raccolsi le memorie familiari di anziani affetti da Alzheimer. Successivamente, successivamente collaborai con la Fondazione Bellora – Onlus di Gallarate (VA), arricchendo ulteriormente la mia esperienza nel campo della memoria narrativa e dell’accompagnamento educativo.

    Il Valore delle Memorie Narrative

    Le memorie familiari non sono solo ricordi, ma radici che rafforzano l’identità e la coesione. Con un approccio pedagogico, aiuto le famiglie a riscoprirle e valorizzarle. Questo percorso è particolarmente prezioso per chi vive accanto a persone anziane o affette da Alzheimer, offrendo un modo per preservare e tramandare il loro vissuto.

    Oggi voglio estendere questa esperienza a un pubblico più ampio. Sempre più persone possono riscoprire il valore della cura attraverso le memorie narrative. Le Biografie Pedagogiche diventano un ponte tra passato, presente e futuro, restituendo dignità e significato a storie di vita che meritano di essere raccontate e custodite.

    Biografie Pedagogiche: Un Percorso Pedagogico di Cura

    Come Biografa Pedagogica, libera professionista, il mio obiettivo è portare un approccio innovativo e umano sia nel settore privato che nelle strutture di cura per anziani.

    Il percorso pedagogico che propongo è articolato in diverse fasi:

    1. Raccolta delle Memorie: attraverso colloqui, narrazioni e strumenti digitali, aiuto le famiglie a raccogliere storie e ricordi dei loro cari.
    2. Creazione di un Archivio Familiare: le memorie vengono organizzate in un archivio digitale, accessibile e condivisibile con tutta la famiglia.
    3. Percorsi di Formazione: offro formazione a familiari e operatori sanitari (Caregiver) per integrare il valore della memoria nella cura quotidiana.
    4. Supporto Emotivo e Pedagogico: collaboro con professionisti/e per garantire un’esperienza arricchente, evitando che il processo diventi fonte di stress.

    La memoria non è solo il ricordo del passato, ma un pilastro dell’identità personale. Per le persone anziane e chi vive con l’Alzheimer, mantenere vivi i propri ricordi significa migliorare la qualità della vita, ritrovando continuità e senso di appartenenza.

    Collaborazione con le Case di Cura

    Per questo motivo, voglio portare questo approccio anche nelle case di cura per anziani, integrandolo così in programmi più ampi, dove narrazione e memoria diventano strumenti di cura.

    Inoltre, collaborare con queste strutture significa offrire agli anziani un modo per sentirsi riconosciuti e valorizzati, migliorando così il loro benessere complessivo.

    Un Uomo e una Cicogna: Una Storia Emblematica

    “Un uomo, che viveva presso uno stagno, una notte fu svegliato da un gran rumore. Uscì allora nel buio e si diresse verso lo stagno ma, nell’oscurità, correndo in su e in giù, a destra e manca, guidato solo dal rumore, cadde e inciampò più volte. Finché trovò una falla sull’argine da cui uscivano acqua e pesci: si mise subito al lavoro per tapparla e, solo quando ebbe finito, se ne tornò a letto. La mattina dopo, affacciandosi alla finestra, vide con sorpresa che le orme dei suoi passi avevano disegnato sul terreno la figura di una cicogna” (Blixen 1959, 200).

    Questa storia dimostra il valore delle azioni compiute con dedizione e cura, anche se i risultati non sono immediati. Allo stesso modo, nel lavoro sulle memorie degli anziani, ogni passo e ogni ricordo raccolto contribuisce a creare un disegno significativo, arricchendo così la vita e il suo valore..

    Biografie Pedagogiche: Struttura del progetto:

    1. Premessa
    2. Obiettivi
    3. Metodologia e Linee Guida
    4. Tempistica: Le Biografie Pedagogiche

    Premessa: Biografie Pedagogiche

    Biografie Pedagogiche Valorizzazione delle Memorie Familiari 6
    Generazioni che si incontrano – Africa 2021

    La reminiscenza non è solo il semplice “raccontare storie” con gli altri, ma un’esperienza vissuta e condivisa, che coinvolge emozioni e sensi. Raccontarsi insieme significa sviluppare modi sensibili per condividere i ricordi, riscoprendo gli altri anche dopo momenti di solitudine, crisi o rinuncia alla bellezza di vivere.

    Questo processo allevia il peso della cura e della fatica, offrendo un sostegno prezioso sia nell’assistenza domiciliare che nelle situazioni di ricovero. Avere obiettivi concreti e condivisi è il primo passo per ritrovare il senso di progettualità. Raccontare e ricordare insieme, invece, è il primo passo per costruire e riscoprire la nostra identità accanto a chi amiamo.(E. Bruce, S. Hodgson, P. Schweitzer, 1999, XX-XXI).

    Obiettivi

    Applicando le Biografie Pedagogiche si riesce a :

    • Creare un’ Alleanza Terapeutica: il medico curante diventa un punto di riferimento, facendo da collante tra i vari specialisti e offrendo supporto sia ai caregiver che ai familiari, senza dimenticare il paziente.
    • Potenziamento dell’Ascolto Attivo: aiuta chi ascolta a superare pregiudizi, permettendo di esprimere e condividere la sofferenza del malato con il personale curante e la famiglia.
    • Stimolare le capacità cognitive: anche residue, attraverso attività che offrono sostegno agli anziani in diverse fasi della malattia. Questo approccio fornisce sollievo ai caregiver e rappresenta un’opportunità formativa per le figure curanti.
    • Mantenere il legame con il passato: per i familiari, la reminiscenza è un modo efficace per restare in contatto con la storia condivisa con la persona accudita.
    • Creare un ambiente sereno e rassicurante: valorizzare le esperienze positive aiuta sia il malato che il curante ad affrontare le difficoltà quotidiane. Le persone con demenza sono molto sensibili all’atmosfera che le circonda, per questo è essenziale farle sentire al sicuro e proporre attività che non vengano percepite come prove da superare.

    Metodologia

    Ricerca del Contesto Adeguato per il Progetto

    Per realizzare un progetto di Biografie Pedagogiche, è fondamentale scegliere il contesto più adatto. Le principali opzioni includono:

    • Centro Diurno Terapeutico;
    • Casa di Riposo con degenza;
    • Paziente che vive in famiglia.

    Scelta del Soggetto Narrante

    • Nelle strutture di cura, la selezione della persona da coinvolgere avviene con il supporto dei caregiver, che conoscono meglio le condizioni e le esigenze degli anziani.
    • Nel contesto familiare, se il progetto viene avviato privatamente, è essenziale un accordo preliminare con la persona interessata (se ancora in grado di comunicare e provare emozioni) e/o con la sua famiglia.

    Linee Guida sono:

    Biografie Pedagogiche Valorizzazione delle Memorie Familiari 2
    Biografie Pedagogiche: Ricordi dell’Africa 2020
    • Verità narrativa: la biografia non ricerca la verità storica o l’oggettività, ma la verità narrativa. I ricordi si trasformano nel tempo, circolando tra le persone e arricchendosi di emozioni. Questo processo non ha il gusto dell’esagerazione, ma un modo naturale della mente per dare colore e intensità ai fatti vissuti.
    • Relazione empatica: durante l’ascolto e la scrittura, si crea una sintonia tra narratore/narratrice e biografo/a. Anche la confusione, i silenzi e la frustrazione diventano parte del racconto, dando profondità alla narrazione.
    • Utilizzo del registratore: Il registratore aiuta il/la biografo/a a correggere imperfezioni, individuare eventuali pregiudizi e migliorare la comunicazione. Nei gruppi di reminiscenza, è utile per analizzare le dinamiche e affinare la conduzione dell’operatore.
    • Back-talk: ogni incontro inizia con un momento di back-talk, dove emergono nuove emozioni e si coinvolgono altri membri della famiglia. Questo arricchisce la narrazione, aggiungendo profondità ai ricordi.
    • Contesto storico e culturale: la biografia riflette il legame tra la persona e il suo contesto storico e geografico. Il biografo/a integra eventi storici per dare maggiore spessore alla narrazione.
    • Suddivisione in capitoli: ogni biografia è suddivisa in capitoli che scandiscono i momenti chiave della vita. Il titolo diventa un elemento poetico che racchiude il senso della storia e viene condiviso con il narratore.
    • Valorizzazione dei ricordi: le fotografie aiutano a seguire il flusso emotivo, offrendo pause nei momenti più intensi. I ricordi non devono restare dimenticati, ma riportati alla luce, dando loro nuovo significato e trasmettendoli alle generazioni future.

    Tempistica: Le Biografie Pedagogiche

    Come si Svolgono i Colloqui per le Biografie Pedagogiche Individuali

    Il percorso biografico pedagogico si articola in più incontri individuali con il/la paziente. La struttura degli incontri è la seguente:

    • Conoscenza reciproca e presentazione del progetto
    • Creare un clima di fiducia e sicurezza per incoraggiare la partecipazione del paziente
    • Durata: 1.5 – 2 ore
    • Discussione dei primi ricordi, esperienze infantili, famiglia d’origine
    • Ridurre l’ansia e suscitare entusiasmo per il progetto
    • Durata: 1.5 – 2 ore
    • Esplorazione delle esperienze giovanili, scuola, amici, primi amori
    • Introdurre il valore dell’ascolto attivo e il disagio creato dalla disattenzione
    • Durata: 1.5 – 2 ore
    • Racconti del matrimonio, carriera, figli e vita familiare.
    • Sperimentare la frustrazione provocata da una comunicazione incompleta e riflettere sugli sforzi necessari per capire una persona affetta da demenza.
    • Durata: 1.5 – 2 ore.
    • Racconti del matrimonio, carriera, figli e vita familiare
    • Sperimentare la frustrazione provocata da una comunicazione incompleta e riflettere sugli sforzi necessari per capire una persona affetta da demenza
    • Durata: 1.5 – 2 ore
    • Esperienze della vita adulta matura, pensionamento, riflessioni sulla vita
    • Riflettere sulla necessità di comprendere cosa la persona sta cercando di comunicare
    • Durata: 1.5 – 2 ore
    • Condivisione dei ricordi raccolti con il paziente e i familiari
    • Discussione e revisione del materiale raccolto, saluti conclusivi
    • Durata: 1.5 – 2 ore
    • Costruzione di una mappa concettuale basata su un concetto emerso durante gli incontri, significandolo e valorizzandolo con la raccolta di ricordi spontanei
    • Durata: 1.5 – 2 ore

    Durante gli incontri, la biografia prende forma in un quaderno ad anelli, in modo che sia possibile aggiungere nuovi ricordi nel tempo. Inoltre, le foto scannerizzate e il testo vengono consegnati anche su supporto digitale, così che la/il narratrice/narratore e la sua famiglia possano conservarli e condividerli facilmente.

    Conclusione

    Ogni storia è unica e merita di essere raccontata. Per questo motivo, il mio obiettivo è trasformare i ricordi in un patrimonio familiare prezioso, contribuendo così a rafforzare i legami tra generazioni.

    Se anche tu desideri scrivere la tua autobiografia o la biografia di una persona cara, sarò felice di guidarti in questo viaggio. Grazie alle Biografie Pedagogiche, potrai dare voce alla tua storia in modo autentico e significativo.

    Visita esperienzanarrata per scoprire di più e contattami per una consulenza personalizzata. Insieme, possiamo trasformare i tuoi ricordi in qualcosa di duraturo e speciale.

    Vuoi vedere come nasce una Biografia Pedagogica? Guarda il video qui sotto.

  • L’Autobiografia: Struttura, Memorie e Narrazione

    L’Autobiografia: Struttura, Memorie e Narrazione

    Camminiamo Insieme verso la Lettura dell’Autobiografia

    La narrazione personale trasforma i ricordi in crescita personale e consapevolezza. Per questo motivo l’ autobiografia diventa uno strumento di autoformazione e valorizzazione di Sé.

    In questo articolo ripercorro la struttura della mia autobiografia, spiegando come ho selezionato i ricordi e costruito i capitoli. Per approfondire, mi avvalgo di letture sulla narrazione autobiografica. Esploro come il racconto di Sé possa diventare uno strumento di crescita e riflessione.

    “Quando il racconto autobiografico si fa sosta riflessiva o ci accompagna strada facendo; quando ci sorprendiamo a meditare sulla vita, già la filosofia ci abita da un pezzo ormai!” (D. Demetrio, Filosofia del camminare)

    L’Autobiografia: Il Racconto di Sé

    Il Racconto di Sé ha un valore autoformativo quando stimola l’“intelligenza autobiografica”1, che si realizza in due modi:

    • Pensiero retrospettivo: aiuta a contenere la dispersione dei ricordi e a rivitalizzare la memoria.
    • Pensiero introspettivo: permette una riflessione sempre più profonda, complessa e consapevole su di sé e sulla realtà.

    La Forza del Pensiero Abduttivo

    L’autobiografia potenzia il Pensiero Abduttivo2 che procede per metafore, analogie e immagini simboliche presenti nel racconto di sé:

    • Simbologia: il narratore interpreta la propria vita in modo creativo, trovando connessioni tra eventi che non seguono una logica lineare.3
    • Pensiero analogico e ipotetico-induttivo: richiede intuizione, creatività, sintesi e immaginazione, favorendo lo sviluppo dell’emisfero destro del cervello.4

    L’ Autobiografia: Il Bisogno di Raccontarsi: Parte 1

    Il bisogno di raccontarsi nasce spesso dalla sofferenza, che cerca espressione attraverso le parole. Nel primo capitolo ho trasformato sentimenti rimasti a lungo inespressi, sublimandoli nella narrazione. Questo processo di distanziamento catartico genera benessere.

    Ero in un momento molto difficile della mia vita, un periodo in cui mi sentivo persa e sopraffatta. Cercavo un modo per sfuggire alla sofferenza, ma alla fine ho trovato la forza di chiedere aiuto. Quel gesto mi permise di vedere la mia situazione da una nuova prospettiva e di iniziare un percorso di guarigione. La conversazione con una persona fidata è stata un punto di svolta. Da lì, ho iniziato a ricostruire la mia vita, pezzo dopo pezzo.

    L’ Autobiografia: Il Bisogno di Raccontarsi: Parte 2

    Ho scelto di iniziare l’autobiografia con un episodio triste e scioccante. So bene che “quell’esperienza5 mi ha resa la donna che sono oggi.

    Ho fissato il ricordo per non lasciarlo svanire nell’oblio. In questo modo, ho sfidato il naturale processo della memoria.

    La comprensione e l’amore dei miei genitori furono fondamentali per il mio recupero. L’aiuto medico e l’antidepressivo mi permisero di ritrovare equilibrio. Con il tempo, riscoprii il piacere delle piccole cose e decisi di riprendere gli studi. Una sera di inizio agosto 2000, ebbi una conversazione con mio padre che segnò una svolta. Mi spronò a realizzarmi come donna e come persona. Iniziai a studiare Pedagogia e superai con successo il test di ammissione alla Triennale in Scienze dell’Educazione alla Bicocca. Poi proseguii con la Specialistica in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa. Quello fu l’inizio di un nuovo capitolo della mia vita: la rinascita.”

    La Dimensione dell’Esperienza Educativa

    Recuperare l’esperienza nella ricerca educativa, secondo John Dewey, significa concepire l’educazione come un processo dinamico intrecciato alla vita.

    L’ Autobiografia: Crescita e Cambiamento

    Riflettere sull’esperienza educativa significa darle significato, esplorare le difficoltà e trovare soluzioni per guidare esperienze future6 . Questo approccio vede l’educazione non solo come conoscenza, ma come trasformazione personale e sociale.

    Nel corso della mia vita, l’educazione ha avuto un ruolo fondamentale, non solo a livello accademico, ma anche nella mia crescita personale. Durante gli studi universitari in Pedagogia, ho imparato a considerarla un viaggio continuo di scoperta e trasformazione. Questo percorso mi ha aiutata a sviluppare una maggiore consapevolezza di me stessa e delle mie capacità.

    L’ Autobiografia: L’Importanza della Riflessività

    La riflessione sull’esperienza educativa è un momento di ri-descrizione, basato su schemi e strutture già presenti in essa. Questa riflessività aiuta a individuare criticità e incongruenze, offrendo spunti per chiarificazioni e soluzioni.

    Durante il mio percorso formativo, ho affrontato diverse sfide che hanno contribuito alla mia crescita e maturazione. L’esperienza universitaria è stata un periodo di intensa riflessione e autoanalisi. Mi ha aiutata a comprendere meglio le dinamiche educative e a sviluppare strategie efficaci per superare le difficoltà.

    L’ Autobiografia: L’Educazione come Processo Continuo

    L’educazione è un processo continuo che accompagna tutta la vita, influenzando crescita personale e professionale. Dewey vedeva l’educazione come uno strumento per sviluppare pensiero critico e riflessivo, aiutando ad affrontare le sfide con consapevolezza.

    Nel corso della mia vita, ho sempre cercato di integrare le lezioni apprese dalle mie esperienze educative nel mio percorso professionale. Come Pedagogista Digitale, ho sviluppato processi educativi basati su una visione dinamica e continua dell’apprendimento. Il mio obiettivo è aiutare le persone a crescere e a svilupparsi in modo olistico.

    L’ Autobiografia: Apprendimento Esperienziale

    Un elemento essenziale dell’esperienza educativa è l’apprendimento esperienziale, che avviene attraverso l’esperienza diretta e la riflessione. Questo approccio ha avuto un ruolo centrale nella mia formazione e nella mia pratica educativa.

    L’apprendimento esperienziale mi ha insegnato l’importanza di coinvolgere attivamente le persone nel processo educativo. Incoraggiarle a esplorare, sperimentare e riflettere sulle proprie esperienze rende l’apprendimento più significativo e rilevante. Questo metodo favorisce anche lo sviluppo di competenze critiche e creative.

    L’ Autobiografia: L’Integrazione delle Esperienze di Vita

    Integrare le esperienze di vita nell’educazione arricchisce l’apprendimento e favorisce una comprensione più autentica della realtà. Questo approccio aiuta a sviluppare una visione olistica del mondo, fondamentale per affrontare le sfide della società contemporanea.

    “Infine, integrare le esperienze di vita nel processo educativo è fondamentale. Le esperienze personali e professionali sono risorse preziose che arricchiscono l’apprendimento e la crescita. Durante il mio percorso educativo, ho sempre fatto tesoro di queste esperienze, utilizzandole per offrire prospettive uniche alle persone che incontro.

    La Cultura della Differenza di Genere in Famiglia

    Nel capitolo dedicato alla famiglia, ho presentato le persone che mi hanno accompagnato nella vita, evidenziando caratteristiche personali e caratteriali.

    Narrazione Autobiografica: Struttura e Memorie Familiari
    Ritratto di famiglia
    L'Autobiografia:
    Fratelli e Sorelle

    Ho voluto evidenziare il tema della differenza di genere, che in questo contesto familiare ho vissuto in modo contraddittorio e conflittuale.

    Finché il nucleo era intatto, questa differenza restava implicita. Solo quando i membri della famiglia hanno espresso le loro unicità, ho iniziato a metterla in discussione, riconoscendola come parte del processo di crescita.

    L’Identità di Genere

    L’identità di genere è uno schema psicologico, un copione familiare, un mito, un paradigma. Il copione familiare è un modello operativo con aspettative condivise su ruoli e azioni. Alcuni miti stabilizzano il sistema, altri ne favoriscono il cambiamento. Nell’approccio narrativo conta la verosimiglianza, non la verità storica. I miti influenzano la relazione tra i sessi e le dinamiche familiari.

    Nell’approccio narrativo non conta la Verità Storica, ma la verosimiglianza, la Verità Narrativa, un criterio socialmente costruito. Esistono miti di coppia, come “L’uomo deve proteggere la donna” o “Nella nostra relazione la differenza di genere non conta”. Ci sono anche miti familiari, come “Le donne di questa famiglia sono forti” o “In casa nostra non c’è differenza tra maschi e femmine”.7

    Crescere in una famiglia numerosa, con ruoli ben definiti, ha influenzato profondamente la mia identità di genere. Mio padre mi ha sempre lasciata libera di esplorare e sperimentare. Mia madre, invece, aveva aspettative precise su come dovessi comportarmi come “donna di buona famiglia”. Queste dinamiche hanno plasmato la mia percezione di me stessa e il mio modo di interagire con il mondo.

    Strategie di Convivenza e Negoziazione

    Per comprendere la differenza di genere in famiglia, è essenziale individuare strategie di convivenza e negoziazione tra sessi e generazioni. Le relazioni tra uomo e donna nella coppia spesso diventano un terreno di confronto e affermazione. L’approccio narrativo offre una visione profonda e dinamica della co-costruzione dell’identità di genere.

    Per comprendere la co-costruzione dell’identità di genere, è fondamentale ascoltare le storie delle persone e intrecciarle tra loro. Questo permette di individuare strategie latenti di coppia, modelli di differenziazione coordinata e condivisa che danno senso alle scelte. L’approccio narrativo offre così una visione profonda, multifocale e dinamica.8

    Narrazione Autobiografica: Struttura e Memorie Familiari
    Poesia sulla Varicella di GianPaolo Macario
    Narrazione Autobiografica: Struttura e Memorie Familiari
    Annuncio al Villaggio dell’acquisizione della mia Patente da parte dei miei fratelli

    Durante la nostra crescita, si verificò una divisione tra “i grandi” e “i piccoli”, con lotte e rivendicazioni generazionali. Queste dinamiche hanno influenzato le nostre relazioni, alimentando incomprensioni e conflitti. Con il tempo e la maturità, però, siamo riusciti a superarli, trovando un nuovo equilibrio.

    La Famiglia Autopoietica

    La famiglia, si definisce “auto-mito-poietica”9 perché costruisce se stessa e le identità dei suoi membri attraverso racconti, miti e leggende. Infatti, l’identità non è determinata biologicamente, ma si forma come racconto di sé all’interno di contesti molteplici. Di conseguenza, il percorso che porta una femmina o un maschio a riconoscere la propria unicità si sviluppa nelle relazioni con gli altri significativi e con l’Altro necessario, come scrive Cavarero. Di conseguenza, il percorso che porta una femmina o un maschio a riconoscere la propria unicità si sviluppa nelle relazioni con gli altri significativi e con l’Altro necessario, come scrive Cavarero.

    La Memoria Familiare

    La memoria familiare è dunque una forma di conoscenza che dà significato alla nostra identità personale e sociale.

    La famiglia tramanda storie, diverse ma simili, ricche o essenziali, fatte di assenze, vuoti, solitudine, avventure e scoperte.

    Ogni storia co-crea la realtà e l’identità familiare. Memoria familiare e autobiografica sono interconnesse e si alimentano reciprocamente. Quando manca una narrazione, le crisi rischiano di diventare stagnanti. Senza un patrimonio di significati, è difficile interpretarle e affrontarle.10

    Ricordo i racconti di mia madre sulla mia nascita, le esperienze di crescita con i miei fratelli e sorella, e le difficoltà affrontate insieme. Questi ricordi hanno avuto un ruolo fondamentale nella costruzione della mia identità e nella comprensione del valore delle relazioni familiari. Le storie tramandate dai miei genitori hanno creato un senso di continuità e appartenenza, influenzando profondamente la mia vita.

    Casa, Dolce, Casa

    Nel capitolo “Casa… dolce… casa” ho evocato ricordi attraverso parole legate a esperienze sensoriali: oggetti, emozioni, volti, luoghi, odori, suoni, colori, sapori, scene.

    “Che bello tornare a casa!”

    Ogni giorno, al rientro da un girovagare frenetico tra mille impegni, ripeto questa frase. In effetti, tornare a casa significa ritrovare le persone che amo, ma anche rientrare in quello spazio che mi protegge. Non a caso, è il luogo dove posso riposare, rifugiarmi e concedermi momenti di riflessione… davanti al computer.

    Nel mio vissuto ho abitato in diverse case, ed alcune di queste mi sono rimaste nel cuore. La prima casa dei miei ricordi è quella di Via Canova, 9 a Milano. Era la casa della mia giovinezza e lasciarla è stato un trauma. Spaziosa, luminosa ed elegante, riusciva a offrire privacy anche in una famiglia numerosa.

    Tra i tanti ricordi, un altro indelebile riguarda le tazze della colazione. Sembravano uguali, eppure ognuna aveva un dettaglio diverso, una personalizzazione. Quest’ultima creava un senso di appartenenza e unicità nella nostra famiglia.

    Viaggi e Fotografia

    Nella sezione dedicata ai viaggi ho privilegiato le foto, poiché il pensare per immagini mi ha spinto a cercare sempre un punto di vista.

    In questo modo “Guardare e essere guardata” diventano parte del racconto.

    Come scrive Anna D’Elia: “Assumendo domande come traccia del lavoro autobiografico, non possiamo prescindere dalla messa a fuoco del nostro sguardo sul mondo.”

    “Quel gran genio del mio amico, lui saprebbe cosa fare…”: così cantavano Mogol e Battisti, che hanno ispirato il titolo “Sì, Viaggiare” nella mia autobiografia.

    La voglia di viaggiare è sempre stata una parte essenziale della mia vita. Viaggiare è un’esperienza formativa che sviluppa il fai da te, l’adattamento, la socializzazione e la tolleranza.

    Quando i miei genitori ebbero la possibilità economica di portarci in viaggio, iniziarono con il Sud Italia. Viaggiavamo su un Ford Transit, dormendo in tenda ed in seguito in una roulotte , vivendo esperienze indimenticabili.

    I viaggi mi hanno insegnato a rispettare e riconoscere la dignità degli altri, a sopportare il disagio e a sorridere di più.

    Le esperienze con la famiglia e gli amici mi hanno arricchita, offrendomi nuove prospettive e un senso di avventura. Dalle gite in montagna alle escursioni in Tanzania, ogni viaggio ha contribuito a formare la mia identità e a costruire ricordi preziosi.

    La fotografia ci aiuta a dare nuovo significato al passato e a vivere la vita come un racconto. L’album di famiglia diventa un luogo di ripasso autobiografico. In esso ritrovo tracce di me stessa e delle persone che mi circondano.

    La Lettura della Propria Storia

    “Ogni foto è un ricordo futuro11.

    “E’ il ripetersi infinite volte di ciò che ha avuto luogo una sola volta“.12

    Quando l’autore legge la propria storia, ritrova un’immagine fissata sulla pagina. La narrazione si completa solo con il distacco, leggendo il proprio racconto come se appartenesse a un altro.

    La Scrittura Stra-Ordinaria

    La scrittura è sempre stra-ordinaria infatti ci porta oltre l’ordinario, generando un turbamento esistenziale con valore pedagogico. D’altra parte quando ci avviciniamo a testi autobiografici, anche semplici o spontanei, scopriamo che seguono comunque una struttura.

    Per questo motivo chi scrive organizza i ricordi secondo diversi ordini:

    • Cronologico, ricostruendo periodi e fasi della vita in sequenza.
    • Topologico, rievocando i luoghi vissuti o attraversati.
    • Personologico, mettendo in rilievo le figure cruciali incontrate nel tempo.13

    Contattami per Scrivere la Tua Autobiografia

    Se senti il desiderio di raccontare la tua storia, sarò felice di accompagnarti in questo percorso.

    Come Pedagogista Digitale nel Lifelong Learning, mi occupo di Biografie Pedagogiche che valorizzano l’unicità di ogni individuo. Ti aiuterò a esplorare i tuoi ricordi e a trasformarli in un racconto significativo e formativo.

    🔹 Scopri di più sui miei servizi visitando la pagina Biografie Pedagogiche

    🔹 Conosci meglio il mio percorso nella sezione Chi sono del mio sito

    📩 Contattami per una consulenza personalizzata. Sono qui per aiutarti a dare voce alla tua storia e trasformarla in un’opera preziosa per te e per chi ti sta vicino.

    Narrazione Autobiografica: Struttura e Memorie Familiari
    Viaggio in Turchia 2015 lago salato Tuz Gölü
    1. D. Demetrio, (1996), Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina Editore, Milano p. 63 ↩︎
    2. L. Formenti, (1996), La storia che educa: contesti, metodi, procedure dell’autobiografia educativa, Adultità, n. 4, p.87 ↩︎
    3. A. Bolzoni, (1999), I concetti e le idee, in  D. Demetrio (a cura di), L’educatore auto(bio)grafo,Il metodo delle storie di vita nelle relazioni di aiuto, Edizioni Unicopli, Milano, pp. 35-36 ↩︎
    4. I. Gamelli (1995), La conoscenza di sé e il pensiero introspettivo: la meditazione, in D. Demetrio (a cura di), Per una didattica dell’intelligenza. Il metodo autobiografico nello sviluppo cognitivo, F. Angeli, Milano, p. 120 ↩︎
    5. La parola “esperienza” scrive Dewey, “comprende ciò che gli uomini fanno e soffrono, ciò che ricercano, amano, credono e sopportano e anche il modo in cui gli uomini agiscono e subiscono l’azione esterna, i modi in cui essi operano e soffrono, desiderano e godono, vedono, credono, immaginano, cioè i propri processi dell’esperire” ↩︎
    6. M. Striano, (2003), La narrazione come dispositivo di riflessione sull’esperienza educativa, in I. Gamelli, (a cura di) Il prisma autobiografico, Riflessi interdisciplinari del racconto di sè, Edizioni Unicopli, Milano, pp. 123-141 ↩︎
    7. CIFS, (2002), op. cit., p. 41-46 ↩︎
    8. CISF, (2002), La famiglia si racconta, la trasmissione dell’identità di genere tra le generazioni, in L. Formenti (a cura di), San Paolo, Cinisello Balsamo, pp.47-51 ↩︎
    9. L. Formenti, I. Gamelli (1998), Quella volta che ho imparato. La conoscenza di sé nei luoghi dell’educazione, Raffaello Cortina, Milano, p.31 ↩︎
    10. CIFS, (2002), op. cit., p. 38-40 ↩︎
    11. I. Calvino, (1977) Le avventure di un fotografo, in Gli amori difficili, Einaudi, Torino, p.41 ↩︎
    12. R. Barthes, (1980), La camera chiara. Nota sulla fotografia, Einaudi, Torino, p.6 ↩︎
    13. D. Demetrio, (1999), Da autobiografi a biografi, in D. Demetrio (a cura di), L’educatore auto(bio)grafo,Il metodo delle storie di vita nelle relazioni di aiuto,  Edizioni Unicopli, Milano, pp. 69-75 ↩︎
  • Il mio Nome: Una Narrazione Identitaria

    Il mio Nome: Una Narrazione Identitaria

    Narrazione Identitaria del Nome Maria Adelaide: Origine e Significato

    Porsi la domanda  “Il mio nome è una Narrazione Identitaria?”  Non è cosa da poco conto.

    Questo articolo ha l’obiettivo di rendere consapevoli i Genitori che, all’arrivo di un figlio, devono scegliere il nome.

    Per questo motivo bisognerebbe considerare che, dal momento in cui riuscirà a comprendere, per quel figlio/a partirà la narrazione identitaria del suo nome.

    Durante il mio percorso universitario in Pedagogia, mi venne richiesto di scrivere la narrazione del mio nome. In quell’occasione, raccolsi la  testimonianza di mia madre, che mi portò a rivalutare il senso del mio nome e il suo Valore in una Narrazione Identitaria.

    Per facilitarne la lettura e incuriosirvi, vi anticipo che ci sono due tipologie di contenuti narrativi che rappresentano il senso del mio scrivere:

    Narrazione Identitaria sul mio nome Maria Adelaide (Autobiografia)

    Narrazione Identitaria sul nome ereditato “Adelaide”  (Biografie Pedagogiche)

    Come scrive Paul Ricoeur, in Percorsi del Riconoscimento pag.118

    “Imparare a raccontarsi significa anche imparare a raccontarsi altrimenti.

    Con questa parola, “altrimenti” viene messa in moto la problematica dell’Identità Personale associata al poter raccontare e raccontarsi.

    Da qui si arriva al termine “Identità Narrativa”.

    Maria Adelaide, un Nome ingombrante

    Sin da piccola mi sono chiesta perché portassi un nome tanto difficile, strano e ingombrante: Maria Adelaide.

    Il mio nome ha una narrazione che parte dalla tradizione familiare: la nonna paterna si chiamava Maria, quella materna Adelaide.

    A quei tempi si usava dare ai figli i nomi dei nonni, zii, avi.

    Maria Adelaide è stato un nome scomodo da portare, insolito.

    “Era il nome delle Principesse della Casa Reale di Savoia” dicevano i miei genitori per consolarmi.

    Ma per me era un nome difficile da pronunciare, troppo lungo, un nome che mi faceva sentire vecchia.

    E’ stato storpiato in vari modi dai bambini, e ancora oggi vengo chiamata Ade, poco dopo che le persone mi conoscono.

    Due nomignoli affettuosi

    Ho due nomignoli che ricordo con affetto: il primo è Mardelaide, una scorciatoia? Penserete!

    Lo potrei, invece, definire un “errore creativo” (da “Il Libro degli Errori” di Gianni Rodari) datomi da un mio giovane amico di Torino, che l’aveva inventato.

    Mardelaide evocava in me ilarità, simpatia e dolcezza, mi sembrava di essere una “marmellata”, da gustare con un pizzico di golosità, una marmellata di mirtilli!

    Il secondo nomignolo è stato utilizzato dai miei fratelli che inizialmente mi chiamavano Mary, in onore di una prozia e della nostra discendenza italo-inglese.

    In seguito sono diventata “Haidi”, ispirato dal famoso cartone animato Heidi che però ho sempre scritto con la “a”: anche qui ritorno “all’errore creativo”, segno di distinzione.

    Maria Adelaide, un Nome ingombrante
    In seguito sono diventata Haidi, come la famosa Heidi dei cartoni animati, solo che io l’ho sempre scritto:
    Haidi con la “a”, anche qui ritorno all’errore creativo, segno di distinzione.

    Da adulta, ho iniziato a prediligere il nome Adelaide, identificandomi con la nonna materna. Oggi, quando mi chiamano Maria Adelaide, mi sento valorizzata, in un’autentica identità.

    Quanti di noi fanno attenzione all’Altro partendo dal conoscere il Suo Nome?

    Origini del Nome Adelaide

    La prima Adelaide della nostra famiglia è la mia trisavola nata nel 1854.

    Figlia di Angelina Teja (famiglia nobile di Napoli) maestra di pianoforte e di Giuseppe Unia, maestro di Cappella di Casa Savoia. La storia del nome Adelaide in famiglia nasce da questi avi che erano i musici di Casa Savoia, dove questo nome era in uso.

    Si può ipotizzare che la mia trisavola fosse “figlioccia di battesimo” della principessa Adelaide.

    Angelina e Giuseppe ebbero nove figli, tra cui Adelaide, la settima, nata nel 1854.

    Albero Genealogico Famiglia Unia
    Albero Genealogico Famiglia Unia

    Trisavola Adelaide: Donna Inquieta, segna il Destino di un Nome

    Compiuti i diciotto anni, Adelaide si sposò per procura con Costante Caraccio, un giovane italiano che viveva a Londra con la famiglia, proprietaria di una catena di alberghi e ristoranti.

    Trisavola Adelaide Unia Caraccio
    Trisavola Adelaide Unia Caraccio (1854)
    Trisavolo Costante Caraccio marito di Adelaide Unia
    Trisavolo Costante Caraccio marito di Adelaide Unia

    I due giovani si conobbero quando Costante venne a Torino in occasione del ricevimento che si svolgeva in onore dei giovani italiani residenti all’estero e che portavano onore all’Italia, nel Mondo.

    Successivamente Adelaide partì con una carrozza per l’Inghilterra, insieme alla sua balia.

    Immaginiamoci, la scena di questo incontro e viaggio, sembra una trama di film dell’Ottocento.

    Facendo una ricerca su internet ho trovato un estratto di un Censimento del 1881 dove viene descritta la composizione della Famiglia Caraccio.

    Estratto di Censimento (1881) Famiglia Caraccio
    Estratto di Censimento (1881) Famiglia Caraccio

    Dall’unione tra Adelaide e Costante nasce, una bambina, Albertina (bisnonna) nel 1876 e l’anno successivo, Attilio nel 1877.

    Trisavola Adelaide con Bisnonna Albertina
    Dall’unione tra Adelaide e Costante nasce, una bambina, Albertina (bisnonna) nel 1876
    Attilio Caraccio, fratello della bisnonna Albertina
    Attilio Caraccio, (1877) fratello della bisnonna Albertina, morto in età prematura.

    Purtroppo una tragedia colpisce queste persone: Attilio, muore all’età di quattro anni.

    Adelaide sente attorno a sé un’atmosfera di ostilità: le due cognate, zitelle, la ritengono responsabile dell’accaduto, si ammala e si dispera, il matrimonio naufraga.

    Lascia la figlia Albertina e il marito Costante a Londra e parte per l’America.

    Bisnonna Albertina: Una Giovane Vita tra Solitudine e Musica

    A cinque anni, Albertina si trova sola, con un padre distrutto e taciturno, due zie che le proibiscono di parlare della mamma, di nominarla, di amarla.

    Lei sopravvive a questo clima opprimente, si appassiona alla musica e inizia a suonare il pianoforte, ma così tanto, che dovevano chiuderlo a chiave (una volta i pianoforti avevano la serratura).

    Albertina cresce nell’agiatezza: le scuole le frequenta a Parigi (nel Collegio “Fedeli e Compagne di Gesù”) in vacanza invece torna a Londra dalle zie, non più dal papà che nel frattempo è morto nel 1888 (Albertina aveva 12 anni) alla giovane età di 44 anni.

    Albertina Caraccio bambina
    Ritratto Albertina Caraccio bambina
    Necrologio di Costante Giuseppe Caraccio - Londra 1° Marzo 1888
    Necrologio di Costante Giuseppe Caraccio – Londra 1° Marzo 1888

    Albertina e la Ricerca della Madre Adelaide

    Albertina Caraccio giovane Donna
    Ritratto Albertina Caraccio giovane Donna

    Questa bambina, diventa una bella ragazza e per anni non chiederà più della sua mamma, ma giura a se stessa che il giorno che fosse diventata grande sarebbe andata alla sua ricerca.

    Compiuti i 21 anni, Albertina, torna in Italia a conoscere i parenti materni.

    Qui conosce Madre Albertina, il Canonico Unia e il cugino primo, Angelo Unia, figlio di zio Casimiro, fratello di sua mamma.

    I due si innamorano.

    Per sposarsi chiedono il permesso al Papa

    Riconciliazione e Ritrovamento: Incontro con la Madre Adelaide

    Intanto Albertina continua a chiedere notizie di sua madre ai parenti italiani, ma anche in questo contesto trova resistenze nel parlarle.
    Attraverso suo marito, Angelo, riesce a sapere che sua madre si trova in America.

    Poco dopo, i contatti vengono finalmente instaurati e in seguito ogni estate Adelaide torna in Italia a incontrare sua figlia.

    Ritratto di Famiglia - Angelo Unia e Albertina Caraccio con la madre di lei Adelaide Unia di fianco al genero
    Ritratto di Famiglia – Angelo Unia e Albertina Caraccio con la madre di lei Adelaide Unia di fianco al genero
    Ritratto di Famiglia - Albertina, Angelo e la piccola Mary Unia e la trisavola Adelaide (seduta)
    Ritratto di Famiglia – Albertina, Angelo e la piccola Mary Unia e la trisavola Adelaide (seduta)

    In America, Adelaide aveva fatto fortuna, si era risposata ma era rimasta nuovamente vedova. Era una donna sola.

    Passarono gli anni e Adelaide, ormai anziana, decide di ritirarsi in Italia, presso la Casa di Riposo di Chieri (TO) contrattando con le suore di restarne ospite fino alla sua morte.

    Riflessioni sulle Memorie Familiari

    La mia mamma Augusta si ricorda bene il giorno del funerale (1940) della sua bisnonna Adelaide; lei aveva 4 anni.

    Si ricorda la carrozza nera con sei cavalli ornati da fiocchi dorati.

    In famiglia abbiamo una raccolta cospicua di album di foto di quel periodo e devo ammettere che questa narrazione ho avuto la fortuna di raccoglierla intervistando la mia mamma, ultima portatrice delle memorie familiari.

    Ci vuole coraggio a raccontare la storia della famiglia e non è così scontato che ci si ponga in ascolto di queste narrazioni, perché siamo tutti proiettati a progettare il futuro, (io per prima).

    Quando ascoltiamo le storie dei nostri antenati ci accorgiamo che alcune esperienze di ripetono.

    Si ripercorrono “errori”, si anela agli stessi sogni!

    Incredibilmente possiamo essere di nuovo attori di quella vita che ha lasciato una traccia e deve finire il suo percorso. Vi invito ad andare a leggere l’articolo La Cicogna: Narratrice di Biografie Pedagogiche

    Donne che rimangono da Sole: un Destino che si ripete

    Tornando al mio bisnonno Angelo, marito di Albertina, in origine era un incisore e suonava nella Banda di Don Rua. Con il matrimonio si cimenta come imprenditore e insieme ad un socio apre un magazzino di vendita vino Doc all’ingrosso.

    Ritratto bisnonno Angelo Unia
    Ritratto bisnonno Angelo Unia
    Vini all'Ingrosso di Angelo Unia 1898
    Vini all’Ingrosso di Angelo Unia 1898

    Nasce il primo figlio Peppino e la seconda figlia Mary (1898).

    Anche qui la storia si ripete tragicamente: Peppino, all’età di cinque anni muore, di meningite.

    Albertina ha un esaurimento fortissimo, e non vuole reagire, ma rimane incinta della terza figlia che nascerà in questo clima tristissimo: Zia Ester.

    Pro-zio Peppino Unia , morto all'età di cinque anni per meningite
    Pro-zio Peppino Unia, morto all’età di cinque anni per meningite
    Ritratto pro-zia Mary Unia, sorella di Nonna Adelaide
    Ritratto pro-zia Mary Unia, sorella di Nonna Adelaide
    Pro-zia Ester sorella di Nonna Adelaide
    Pro-zia Ester sorella di Nonna Adelaide

    La pro-zia, Ester, la ricordo benissimo: donna forte, intraprendente, colta (come tutta la famiglia), rimase nubile. E’ importante nella mia storia personale in quanto porto anche il suo nome: Maria Adelaide, Ester!

    Un nome, narrazioni identitarie e familiari, che si ripetono.

    Bisnonna Albertina, diede alla luce dopo un parto difficilissimo, la quarta figlia: Adelaide (mia nonna, 1910).

    Nonna Adelaide, chiamata Addie
    Nonna Adelaide, chiamata Addie
    Ritratto Nonna Adelaide piccola
    Ritratto Nonna Adelaide piccola, in piedi sulla sedia

    A quaranta giorni dalla nascita, Adelaide si ammala e rischia di morire.
    Intanto siamo negli anni della guerra del 1915-1918 che porta alla morte il papà, Angelo.

    Albertina e le sue tre figlie rimangono sole.

    Nonna Adelaide: Donna dall’Inquietudine Intellettuale

    Mary, dopo aver frequentato le elementari a Torino, viene mandata a studiare in Inghilterra, a Londra, nel collegio delle “ Fedeli Compagne di Gesù”, scuola già frequentata dalla sua mamma. Ester e Adelaide invece frequentano lo stesso collegio, ma a Torino. Adelaide entra all’asilo e vi rimane fino alla prima magistrale.

    Quando arrivano all’età per frequentare le magistrali, alle due sorelle viene assegnata una borsa di studio in quanto figlie di un militare e orfane di guerra.

    Escono dal collegio “Fedeli e Compagne di Gesù” per entrare in quello per le figlie dei militari: “Villa Della Regina” sempre a Torino.

    Crescono tra donne, sempre in collegio, e possiamo desumere che abbiano relazionato poco con il genere maschile.

    La nonna Adelaide non vuole andare a studiare in Inghilterra per cui l’inglese lo comprende, lo scrive ma lo parla solo con sua madre.

    Mary ed Ester, invece, si laureano ad Oxford e al loro rientro in Italia diverranno insegnanti madrelingua inglese: anche se italiane, crescono con un’educazione anglosassone.

    Ritratto Nonna Adelaide a 21 anni
    Ritratto Nonna Adelaide a 21 anni

    La Sfida più grande di Nonna Adelaide: Paolo

    Adelaide è l’unica figlia  e sorella, che si sposa.

    Paolo è un giovane di famiglia benestante, i suoi genitori sono proprietari di un albergo sul Lago Maggiore, a Meina.

    E’ uno dei primi uomini della zona che possiede auto e moto, con cui scorrazza per le valli.

    Nonostante la sua famiglia sia apolitica diventa un militare della milizia confinaria. Ha un carattere molto forte e ciò non collima con l’educazione “self control” radicata nella famiglia della moglie.

    Ricordiamoci che sono quattro donne vissute sempre in ambienti femminili, non sono abituate a confrontarsi con gli uomini.

    Paolo è “capo squadra” a Maccugnaga quando conosce le due maestre: Ester e Adelaide.

    La Resilienza della Nonna Adelaide nella vita coniugale

    Adelaide (la mia nonna) non sa cucinare, stirare, non è per così dire, una casalinga, ma è un’esperta lettrice, competente in teatro, poesia, ha in Sè una Inquietudine Intellettuale.

    E’ sempre vissuta a Torino e con quel matrimonio si troverà a vivere, quasi sempre sola, a Maccugnaga (un paesino in montagna, zona Verbania), perché il marito è sul confine.

    Il matrimonio sin dall’inizio si presenta difficile. La suocera Augusta (nome assegnato, alla mia mamma, altra narrazione identitaria) il giorno delle nozze non è presente, perché anche in quell’occasione, madre e figlio litigano sul vestito da indossare.

    Paolo si sposa in divisa militare e la mamma Augusta non accetta quella decisione.

    Adelaide inizierà la sua vita coniugale con alcuni dispiaceri e nonostante uno zio cerchi di dissuaderla a sposarsi, lei irremovibile, va avanti per quella strada.

    Anche Paolo è consapevole di quella grande differenza caratteriale e di intenti di vita, ma apprezza il coraggio di Adelaide, nell’uscire dalla sua linearità e determinazione e lui, uomo sicuro sulle sue potenzialità, alla fine capitolerà verso quel matrimonio.

    Si sposano il 28 Settembre 1932.

    Ritratto di Famiglia - Matrimonio Adelaide e Paolo (28 Settembre 1932)
    Ritratto di Famiglia – Matrimonio Adelaide e Paolo (28 Settembre 1932)
    Ritratto di Famiglia durante Matrimonio Adelaide e Paolo
    Ritratto di Famiglia matrimonio Adelaide e Paolo.
    Seduta, al centro Adelaide, la Nonna Trisavola, al suo fianco in piedi, la bisnonna Albertina.
    (28 Settembre 1932)

    Nonna Adelaide: costruisce una Sua Stabilità con l’Insegnamento

    Trascorrono gli anni e con la fine del fascismo, nonno Paolo, morirà nelle prigioni di Novara per una setticemia e Nonna Adelaide rimarrà vedova con tre figlie, a 46 anni.

    Anche lei, come la mamma Albertina, trascorrerà la sua restante vita da sola, dedicandosi all’insegnamento e allo studio, trasferendosi subito dopo la guerra a Madonna della Fontana (To), successivamente a Chieri (To) e poi a  Torino.

    Madonna della Fontana a Chieri (TO) 1949
    Madonna della Fontana 1949 (Chieri,TO) dove nonna ha insegnato per 20 anni.
    Lì c’era il Parroco, la Perpetua e lei, la Maestra con i tre figli.

    Un Nome: verso la Fine del suo Tempo

    A questo punto concludo riproponendo la mia domanda:

    Quanti di noi hanno riflettuto sul valore e quale sia la narrazione identitaria del nome scelto per i figli?

    Dal giorno in cui mia madre mi raccontò la storia del mio nome, tanti avvenimenti hanno acquisito un Senso, che si traduce in quel disegno che descrivo nell’articolo “La Cicogna: Narratrice di Biografie Pedagogiche”.

    Nonostante oggi abbia raggiunto una buona armonia con il mio nome, ho consigliato sia ai miei fratelli che a mio figlio di non tramandare il nome, Adelaide, auspicando che la sua narrazione identitaria, di Donne sole, termini con me. E’ importante spezzare le catene poco virtuose.

    Riflessioni finali sulla Narrazione Identitaria del mio Nome

    Concludo questa narrazione identitaria del mio nome portando in luce alcune riflessioni che ho estratto da “Felicità condivisa nelle Costellazioni Familiari” di Bert Hellinger, partendo dalla domanda:

    Chi mi manca?

    La mia felicità è piena se tutti coloro che appartengono alla mia famiglia hanno un posto nel mio cuore.

    Se qualcuno è stato escluso o dimenticato, io e la mia famiglia iniziamo a cercarlo. Sentiamo che ci manca qualcosa, ma spesso non sappiamo dove cercare.

    Una tale ricerca conduce talvolta alla dipendenza, altre volte alla ricerca di Dio.

    Sentiamo un vuoto e vogliamo colmarlo.

    Se dentro di noi sentiamo che ci manca qualcuno, prendiamoci cinque minuti, chiudiamo gli occhi e diciamo:

    “Ti vedo, Ti rispetto, Ti accolgo nell’Anima.

    Immediatamente ci renderemo conto di sentirci più pieni e vicini.

    Vuoi contattare esperienzanarrata per raccogliere e scrivere insieme le tue memorie, racconti, narrazioni familiari, personali e sociali?

    “Il confronto migliora la conoscenza del Sé e degli Altri.”

  • Significati Narrativi e di Riflessività nelle Diagnosi

    Significati Narrativi e di Riflessività nelle Diagnosi

    Significati Narrativi e di Riflessività nelle Diagnosi: un Percorso di Cura e di Consapevolezza

    Significati Narrativi e di Riflessività nelle Diagnosi è il titolo della mia tesi del corso di Laurea Triennale in Scienze dell’Educazione. L’interesse ad approfondire e scrivere su questo argomento è partito da un’esperienza personale: il cancro che colpì mio padre.

    Con l’articolo precedente  “La Cicogna: narratrice di Biografie Pedagogiche”, ho cercato di dare un senso figurativo al Tempo abbiamo trascorso insieme, alle emozioni provate, al desiderio di capire il Disegno della Vita. Ho esplorato i Significati Narrativi e di Riflessività nella Diagnosi.

    Questa curiosità è iniziata con la reazione di mio padre, uomo creativo, di scrivere un libro sulla sua esperienza di malato oncologico. Si mise in conversazione e riflessione con tutte le figure professionali che lo curavano, cercando quei Significati Narrativi e di Riflessività nella Diagnosi.

    Riflettendo su questo suo bisogno rivolto alla conoscenza ed espressione di un disagio, mi sono resa conto come ciò abbia favorito una maggior attenzione da parte dei medici verso:

    la pluralità dei bisogni del malato,  fisici innanzitutto, ma anche psicologici, relazionali e sociali.

    Le figure sanitarie potenziando la loro capacità di ascolto, hanno potuto correggere eventuali pregiudizi che potevano compromettere i trattamenti, e questo atteggiamento ha permesso che la sofferenza venisse liberamente vissuta e condivisa.

    Diagnosi di Cancro, Narrazione nel Sistema Familiare

    Ho iniziato questo argomento, con la narrazione da parte della Cicogna che dà il senso al nostro percorso di vita e in questo articolo affronto, con alcune riflessioni autobiografiche quando una diagnosi di “Cancro” scrive una nuova storia all’interno di un Sistema Familiare.

    Non si può immaginare il concetto di Tempo senza esplorare il suo significato narrativo.

    Ogni famiglia ha una sua peculiare Temporalità:

    • alcune famiglie vivono nel passato, nostalgicamente, ritualizzandolo nel presente,
    • altre sono proiettate nel futuro pensando a cosa faranno o avranno,
    • altre ancora vivono nell’eterno presente (tempo acromico) dove tutto avviene nel fare senza sviluppare una narrazione.

    La famiglia ha sempre una storia ed è come un organismo vivente (una delle metafore ricorrenti):

    La Famiglia, Nasce, Interagisce con ciò che ha intorno e, Muore.

    La Teoria degli Equilibri Punteggiati: la Crisi

    Ogni famiglia attraversa periodi, talvolta lunghi, in cui si percepisce uno squilibrio. Difficoltà, tensioni, incertezza. Tutto questo si traduce in una parola: Crisi.

    Durante il corso di Epistemologia, ho studiato la La Teoria degli Equilibri Punteggiati, che offre una prospettiva diversa sulla crisi. Non la vede come una semplice interruzione della continuità, ma come un salto evolutivo. La famiglia di prima non è più la stessa. Si riorganizza, cambia struttura, acquisisce nuovi significati.

    Questa teoria, elaborata da Stephen Jay Gould e Niles Eldredge, descrive il processo evolutivo delle specie: lunghi periodi di stabilità vengono interrotti da brevi fasi di trasformazione improvvisa. Lo stesso accade nei sistemi familiari. Le crisi non sono solo momenti di rottura, ma occasioni di cambiamento verso un nuovo equilibrio.

    Diagnosi di Cancro, Narrazione nel Sistema Familiare
    La Teoria degli Equilibri Punteggiati: la Crisi

    Crisi e trasformazione: la malattia in famiglia

    Un esempio concreto è la malattia incurabile di un familiare. Un evento che impone alla famiglia una riorganizzazione profonda.

    Cosa accade quando ci si avvicina alla morte di una persona cara?

    In un certo senso, ci si avvicina anche alla propria mortalità. Tutto assume un nuovo valore.

    Si può immaginare la situazione come un mantello che cala sui membri della famiglia. Protegge, ma allo stesso tempo isola. Sotto quel mantello si sviluppano pensieri, emozioni, cambiamenti interiori. A un certo punto, però, può diventare troppo stretto. E chi è malato rischia di restare solo sotto di esso.

    Ma cosa succede se quel mantello viene tolto?

    Le persone iniziano a parlarsi. Condividono paure, dubbi, speranze. Danno voce alla paura di morire.

    I ricordi autobiografici emergono. Lo sguardo si allarga, permettendo di riconoscere il dolore degli altri, ma anche le piccole gioie quotidiane che continuano a esistere.

    Ci si avvicina, fisicamente ed emotivamente. E gesti semplici, come una carezza o un sorriso, diventano un linguaggio prezioso, capace di dare conforto e significato.

    Il Principio di Incertezza

    L’incontro con il cancro stravolge i progetti, lasciando spazio a disperazione e desolazione. Introduce nella vita il Principio di Incertezza: Vivrò? Per quanto ancora? Come? Prima, tutto sembrava sotto controllo.

    L’idea probabilistica della morte, avvolta nell’incertezza, ci viene suggerita da due potenti fonti di conoscenza:

    1. I nostri sensi e il senso comune. Sappiamo che di cancro si muore. Sappiamo anche che si può vivere. Tuttavia, questa consapevolezza ha spesso un valore emotivo ridotto, perché non esistono certezze sulle condizioni che permettono di sopravvivere alla malattia.
    2. La medicina. Da essa traiamo non solo speranza, ma anche informazioni. Le statistiche mediche ci forniscono dati sulle probabilità di sopravvivenza per ogni tipo di tumore conosciuto.

    Molti ignorano le informazioni mediche dettagliate (e i relativi pregiudizi) della categoria b, mentre tutti possediamo conoscenze e pregiudizi della categoria a.

    Aggiungere le conoscenze scientifiche a quelle del senso comune non è sempre un vantaggio. Spesso, infatti, amplifica l’incertezza, soprattutto quando le probabilità di sopravvivenza non sono elevate.

    Sogno di Vita, IO e il Cancro

    Nella prefazione del libro Sogno di Vita, “Io” e il Cancro di Giacomo Macario, rimasto incompiuto, emergono emozioni profonde: l’imprevedibilità della malattia, la costernazione iniziale, la razionalizzazione e, soprattutto, la volontà di guardare al futuro. Mio padre scriveva:

    “L’atteggiamento di “convivere con il male”, che tutti cercavano di indicarmi come via d’uscita, non mi ha mai soddisfatto, anzi mi disturbava. Ho una personalità “dominante”, che mi porta a modellare l’ambiente circostante, ma questa a volta avevo di fronte un’entità diversa, un male forse inguaribile. Accettai la sfida, mettendo in discussione lo status quo e cercando di capire che il mio IO era sempre lo stesso, nonostante la debolezza fisica.

    e ancora

    Misi in discussione anche il fatto che il cancro dovesse o potesse essere vincitore nei miei confronti, se no, a cosa sarebbero serviti i medici, gli specialisti, le terapie che migliorano giorno per giorno, la mia stessa attenzione e volontà di utilizzare al meglio tutti questi strumenti? L’opportunità di verificare se, per lo meno fosse lontanamente possibile ottenere dei risultati positivi, non mi venne mai meno. Quindi concentrai ogni mio sforzo in tal senso.

    In queste poche righe si coglie il potere dei Significati Narrativi e della Riflessività nelle Diagnosi. Anche nelle situazioni di crisi, la narrazione diventa un mezzo per ridefinire la propria identità, creando contesti di rinascita, in cui sentirsi trasformati o, almeno, consapevoli del cambiamento.

    "Sogno di Vita,  "Io" e il Cancro, libro incompiuto di Giacomo Macario, mio padre
    Significati Narrativi

    Significati Narrativi nelle Diagnosi: Biografie Pedagogiche

    Il progetto di scrivere un’autobiografia da malato oncologico coinvolgeva lo Staff Medico dell’Ospedale Sacco di Milano. Mio padre voleva dare voce alle domande che nascono in chi riceve una diagnosi di cancro.

    Il suo sguardo si posò su diverse figure professionali: oncologi, psichiatri, infermieri, il medico di famiglia e la caposala. Non trascurò neppure chi opera nel campo giuridico, etico, sociale e della ricerca.

    Durante il percorso, mi chiese di leggere i capitoli man mano che li completava. Quel confronto mi spinse ad approfondire il tema nella mia tesi, aprendomi a nuovi orizzonti personali e professionali.

    Il libro rimase in bozza. Dopo la sua morte, rileggendolo, non riuscii a dargli una forma definitiva. Era il suo desiderio che diventasse un riferimento per altri malati oncologici e per i medici, ma non trovai la forza di completarlo.

    Oggi, dopo 17 anni, torno a scrivere di quel libro: Sogno di Vita. “Io” e il Cancro, uno dei suoi ultimi progetti. Forse, in qualche modo, quei Significati Narrativi e quella Riflessività nelle Diagnosi hanno già trovato la loro strada, dando vita a qualcosa di nuovo.

    Gioco del Petit Onze

    Concludo questo articolo con un gioco che ho fatto durante il corso di Pedagogia dell’Animazione (2004), dove sperimentai la libera scrittura e l’esperienza delle poesie surrealista.

    Si chiama Petit Onze, perché è composto da Undici Parole. si deve cercare, l’undicesima, trovandola.

    Ci si dispone con un animo rilassato, si lascia vagare la mente abbandonandosi al suo fluttuare. Può aiutare una buona musica. In questo vagabondare si acchiappa al volo una parola e la si scrive:

    Creatività

    si assapora questa parola come se fosse un dolcetto o un sorso di barbera. Lasciandola risuonare nelle profondità del cuore, del corpo, della mente. Si va in cerca di una coppia di parole, che segua il tema e l’atmosfera della prima:

    Forza della sopravvivenza

    se le parole fossero state quattro, pazienza, si trasferisce la quarta nella parte seguente e si sviluppa il tema con una sequenza. Quindi scrivo quattro parole, rilassandomi, concentrandomi:

    Amore, r-esistenza, Futuro lontano.

    Chiudo con l’undicesima parola:

    Morire!

    e allora:

    Creatività

    delle idee

    forza della sopravvivenza,

    amore, r-esistenza, futuro lontano,

    morire!

                                               A Papà

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  • La Cicogna: Narratrice di Biografie Pedagogiche

    La Cicogna: Narratrice di Biografie Pedagogiche

    La Cicogna: Narratrice di Biografie Pedagogiche

    La Cicogna: narratrice di Biografie Pedagogiche è un titolo che nasce da una lettura di un brano che mi colpì profondamente durante un periodo difficile della mia vita: il cancro di mio padre.

    Il brano è questo:

    “Un uomo che viveva presso uno stagno, una notte fu svegliato da un gran rumore. Usci allora al buio e si diresse verso lo stagno ma, nell’oscurità, correndo in su e in giù, a destra e a manca, guidato solo dal rumore, cadde ed inciampò più volte. Finché trovò una falla sull’argine da cui uscivano acqua e pesci: si mise subito al lavoro per tapparla e, solo quando ebbe finito, se ne tornò a letto. La mattina dopo, affacciandosi alla finestra, vide con sorpresa che le orme dei suoi passi avevano disegnato sul terreno la figura di una cicogna”. (Blixen 1959, La mia Africa, Feltrinelli, Milano 1996, p200)

    A questo punto ci potremmo porre alcune domande:

    “Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò o altri vedranno una cicogna?”

    “Il percorso di ogni vita si lascia alla fine guardare come un disegno che ha un senso?”

    Tu mi guardi, Tu mi racconti

    La filosofa Adriana Cavarero nel suo libro “Tu mi guardi, Tu mi racconti” inizia, con questa storia e scrive:

    “Con tutta evidenza non si tratta di un disegno previsto, progettato e controllato. Anzi il povero uomo richiamato da una circostanza esterna, corre nel buio e inciampa, lavora duro e, solo quando il disastro è rimediato, se ne torna a casa. […] Il suo percorso mescola l’intenzione agli accidenti […] il disegno – non i tratti confusi, ma l’unità di una figura – non è ciò che guida in dall’inizio il percorso di una vita, bensì ciò che tale vita si lascia dietro. La cicogna la si vede solo alla fine, quando chi l’ha tracciata con la sua vita o altri spettatori, guardando dall’alto, vedono le orme lasciate sul terreno”. (Cavarero, 1997, Tu che mi guardi tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 2003 pp7-8)

    Il disegno è appunto la storia, nel senso che il disegno che ogni essere umano si lascia dietro, altro non è che la storia della sua vita. L’unità figurale del disegno, il significato unitario della storia, può essere posta, da chi la vive, solo in forma di interrogazione. O forse di desiderio. Non è del resto un caso che il racconto infantile, animato dal movimento del disegno.

    La narrazione della cicogna: protagonista di un folklore che in Europa non ha confini. La cicogna, porta i bambini e narra loro le fiabe. (Warner 1995, From the Beast to the Blonde, Vintage, London).

    La Cicogna: Trasporta e Tramanda

    La cicogna non “fa”, porta, trasporta, tramanda. È una narratrice, una storyteller, che racconta storie. Ogni essere umano è unico e irripetibile. Per quanto corra disorientato nel buio, non ricalca mai il medesimo percorso, non si lascia mai dietro la medesima storia.

    La vita non può essere vissuta come una storia, perché la storia viene sempre dopo, risulta.

    Il Narratore, tracciando la cicogna sul foglio, accompagna col disegno il racconto. La narrazione, è un’arte delicata, essa “rivela il significato senza commettere l’errore di definirlo”. Arendt, 1995, Isak Dinesen (1885-1962) in Blixen K., Dagherrotipi, Adelphi, Milano).

    La cicogna non “fa” porta, trasporta, tramanda. E’ una narratrice, una storyteller, racconta storie.
    La cicogna non “fa”: porta, trasporta, tramanda

    Contrariamente alla filosofia, che da millenni si ostina a catturare l’universo nella trappola della definizione, la narrazione rivela il finito nella sua fragile unicità e ne canta la sua storia.

    Come racconta la fiaba, si tratta di un disegno che ha la durata di una mattina.

    La cicogna è fragile, è il dono di un attimo nel miraggio del desiderio. C’è un’etica del dono nel piacere del narratore.
    Chi narra non solo intrattiene e incanta, come Sheherazade, ma regala ai protagonisti delle sue storie, la loro cicogna.

    La Narrazione come Desiderio Umano

    Se lasciarci indietro un disegno, “un destino”, una figura irripetibile della nostra esistenza,

    “è l’unica aspirazione degna del fatto che la vita ci è stata data”,

    nulla risponde al desiderio umano, più del racconto della nostra storia.

    Secondo Karen Blixen la domanda:

    “Chi sono Io?” sgorga, prima o poi, dal moto di ogni cuore.

    Si tratta di una domanda che solo un essere umano può pronunciare sensatamente.

    La sua risposta sta nella regola classica della narrazione di una storia.

    La Cicogna: Narratrice di Biografie Pedagogiche continua nel prossimo articolo alla ricerca dei Significati Narrativi e di Riflessività nelle Diagnosi.

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  • Cresciuti insieme: una Madre possibile

    Cresciuti insieme: una Madre possibile

    Esperienza di una Donna-Madre Single: Cresciuti insieme

    Cresciuti insieme, racconta la mia esperienza di Donna-Madre, possibile. Esperienzanarrata è un blog che narra aspetti biografici intrisi di Amore e Valore.

    Qui riporto con emozione un brano scritto nel 2011, modificato per contestualizzare il periodo attuale. Il brano originale si trova a pag.307 del libro “Maternità possibili, 122 Storie, Testimonianze e Riflessioni”, Edizioni Scalino.

    L’idea venne dalla mia amica Pedagogista e scrittrice di Fiabe, Rosa Rita Formica, che mi propose ad un gruppo di professioniste di Milano (tra cui Irene Auletta) che raccoglievano testimonianze di vissuti di Madri e Possibili Madri.
    Nel periodo in cui stavo uscendo dall’ospedale a seguito di una trombo-embolia polmonare massiva, fui contattata.

    Era il 5 Maggio 2011, e quel giorno segnò l’inizio di un nuovo capitolo della mia vita. Ancora oggi, a distanza di 10 anni considero quell’evento come una seconda chance per vivere una Vita più Consapevole del suo Valore.

    Narrazione Autobiografica: un’Emozione Valoriale intrisa d’Amore

    Ho ricostruito i momenti salienti della mia esistenza, esponendo con razionalità e maturità fatti che altrimenti sarebbero rimasti solo nei miei ricordi. Raccontarsi ad un figlio, sapendo quasi sicuramente che non ti leggerà, mi ha svincolato dal sentirmi sotto pressione, permettendomi di esprimere liberamente sentimenti ed esperienze.

    Questa esperienza di scrittura rappresenta ciò che chiamo: Metodo Biografico. E’ un lavoro che nelle Biografie Pedagogiche viene consegnato e custodito nelle famiglie, desiderose di lasciare memorie ai posteri, ridando Valore ai loro predecessori. Le Biografie Pedagogiche nella norma sono un percorso Pedagogico, Educativo e Privato.

    In questo caso viene presentata ad un pubblico, perché è stata una mia scelta, ne sono l’autrice e protagonista.

    Una Moglie Possibile

    Caro Federico,
    eccomi qui a scriverti ripensando al nostro percorso insieme, 22 anni.

    Avevo la tua età quando mi sposai. Ero una giovane donna vivace, di carattere forte che si era impostata la vita pensandola secondo una sequenza di obiettivi da raggiungere.

    I sette anni che trascorsi con tuo padre furono dedicati interamente alla progettualità di una famiglia solida e alla creazione di un benessere professionale.

    All’epoca decisi di abbandonare gli studi universitari. Dopo qualche anno di vita di coppia, sentii il bisogno di costruire una famiglia con figli. Speravo di avere almeno due, tre figli e non temevo di di non riuscire a conciliare famiglia e lavoro. La nostra professione nello studio odontoiatrico mi permetteva di seguire con una certa flessibilità con i tempi.

    Progettualità e Realizzazione di Sogni

    Non sarei più diventata il medico come sognavo da bambina, ma aprire, organizzare e condurre uno studio odontoiatrico mi permetteva di esprimere la mia voglia di imprenditrice, acquisita da nonno Giacomo. Un altro sogno era dedicarmi agli Altri, caratteristica che mi definiva come “idealista”.

    Progettualità e Realizzazione di Sogni
    Esperienza missionaria in Tanzania. Dispensario di Iringa 1987

    Riuscii a convincere tuo padre a fare un’esperienza di missione e tre anni prima della tua nascita andammo in Tanzania per cinque settimane. Anche lì mi impegnai come assistente sanitaria. Ricordo con malinconia quel periodo che avrebbe dovuto consolidare il nostro matrimonio.

    Due anni dopo, entusiasta della precedente esperienza, mi attivai per ritornare in Africa, questa volta in Etiopia per gestire uno studio odontoiatrico. Ero felicissima, ma la gravidanza cambiò i piani. Ad aprile del 1988 scoprii di aspettarti, caro Federico. Rinunciai alla missione senza rimorsi, nonostante la soddisfazione di tuo padre per aver evitato una situazione non gradita a lui. Lì iniziai a capire che non stavamo andando nella stessa direzione.

    Una Madre possibile

    Una Madre possibile
    Il 6 gennaio 1989 giorno della tua nascita era freddissimo e c’era una fitta nebbia.

    Durante la gravidanza lavorai tutti i pomeriggi con tuo padre, ma la stanchezza mi costrinse a letto per una settimana nel mese di Dicembre. Il 6 gennaio 1989, tu nascesti, in un giorno freddo e nebbioso. A parte i nonni, non ricevetti visite di parenti, e così iniziammo la nostra vita insieme, soli.

    Se guardo a quegli anni, vedo la mia solitudine con tuo padre e i suoi genitori, perdendo il contatto con la mia famiglia d’origine. Nel novembre 1989, rimasi felicemente in attesa del tuo fratellino Emanuele. Avreste avuto un anno e mezzo di differenza: tu forse non puoi immaginare la mia gioia per l’accadimento di quell’evento.

    l mio modello di famiglia si stava realizzando.

    Sempre in quell’anno avevamo, inoltre, acquistato i locali del nuovo studio dentistico per cui tutto ciò che si poteva desiderare dal punto di vista del successo, si stava compiendo. La mia vita di coppia, invece, non si era evoluta: la tua nascita, aveva colmato, in me quel bisogno di dare e ricevere affetto da un altro essere umano e questa era una triste consapevolezza.

    Ora sareste stati in due

    Il cambiamento inaspettato

    Purtroppo, la gravidanza si interruppe il giorno di Santo Stefano, una settimana prima del tuo compleanno. Quando ripenso a quel fatto rinasce in me la rabbia e lo sconforto totale che provai in quei giorni. Tu eri piccolo, eri la gioia e scopo della mia vita per cui non ti avrei mai voluto negare la serenità che ti spettava, come bambino, ma inevitabilmente quella circostanza triste, segnò e divise le nostre tre vite.

    La perdita di Emanuele portò una crisi nel rapporto con tuo padre. Realizzai che la sua visione di famiglia prevedeva un solo figlio. Continuammo a lavorare insieme nello studio odontoiatrico, ma il distacco tra noi cresceva. la consapevolezza del mio disinnamoramento verso tuo padre arrivò quando capii che c’era un mondo fuori che mi aspettava.

    Un viaggio nella consapevolezza

    Inizialmente fu la conoscenza di uomo “ad aprirmi gli occhi” su ciò che desideravo realmente. Non era la persona incontrata, ma le differenze sostanziali rispetto a tuo padre che mi colpirono. Idealista, decisi che la tua esistenza non valeva il sacrificio di stare in quel sistema familiare.

    Credevo da 28enne di potermi riproporre in una nuova configurazione familiare e di vita.

    Sogni! Illusioni! Sbaglio nel voler pianificare tutto! Presunzione! Idealismo! Romanticismo! Cocciutaggine! Possessività! Insicurezza delle proprie risorse! Educazione tradizionale! Remissività ma nello stesso tempo indomabilità! Voglia di affermazione! Competitività!

    La lista è lunga per descrivere il perché, è andata male!

    Tu ed io insieme

    Durante il tuo terzo anno di vita, iniziasti ad essere “condiviso e diviso” tra me e tuo padre.

    Federico caro, so che non è stato facile per te. Ho sempre cercato di metterti “al primo posto” sopperendo alla mancanza di una famiglia completa. Organizzavo gite e visite par passare del tempo insieme, anche se spesso ci spostavamo per la mia natura inquieta.

    Cresciuti insieme

    Una passione importante è “la voglia di viaggiare” che considero fondamentale per la formazione. Nel viaggio si mettono in gioco capacità diverse come “il fai da te”, l’adattamento alla fatica sia fisica che emotiva, la socializzazione, la tolleranza alla differenza, l’accettazione delle “sfide” impreviste!

    Esperienzanarrata-abbraccio-a-parigi
    Abbraccio a Parigi- Cresciuti insieme
    Cresciuti insieme: la passione e la voglia di viaggiare
    Arrampicata di un ghiacciaio del Gran Paradiso

    Purtroppo per motivi economici siamo riusciti a concederci solo tour alle città italiane che però organizzavamo con grande accuratezza e curiosità artistica-culturale.

    Quando stavi frequentando la seconda media, ebbi un crollo psicofisico e tu mi rimasi accanto con le tue capacità di ragazzino.

    Crescere nello studio

    Crescere nello studio e raggiungere obiettivi
    Crescere nello studio e raggiungere obiettivi: giorno della discussione della Laurea

    Mi iscrissi a Pedagogia, una scienza che mi permetteva di “formarmi per formare”, “educarmi per educare”, “conoscermi per conoscere gli altri”. Abbiamo passato momenti privilegiati durante i miei studi universitari mentre tu frequentavi il liceo classico. Quegli anni ci hanno permesso di crescere insieme, consolidando il nostro legame.

    Da Madre a Donna Possibile

    Sei anni fa, hai concluso il tuo percorso universitario e ti sei trasferito in una tua abitazione. Ti ho accompagnato all’indipendenza concludendo un percorso educativo.

    Nonostante le difficoltà di comunicazione e tensioni causate da fattori esterni e anche, caratteriali, ci siamo accettati per quello che siamo.

    Il nonno Giacomo, il nostro “amorevole mediatore”, ci ha insegnato a rispettare i nostri ruoli:

    “io, madre e tu, figlio”

    amarci, onorarci ed io aggiungo, consolarci.

    Con Amore la tua Mamma

    Vuoi contattare esperienzanarrata per raccogliere e scrivere insieme, le tue memorie, racconti, narrazioni familiari, personali e sociali?

    “Il confronto migliora la conoscenza del Sé e degli Altri.”

#esperienzanarrata
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