Camminiamo Insieme verso la Lettura dell’Autobiografia
La narrazione personale trasforma i ricordi in crescita personale e consapevolezza. Per questo motivo l’ autobiografia diventa uno strumento di autoformazione e valorizzazione di Sé.
In questo articolo ripercorro la struttura della mia autobiografia, spiegando come ho selezionato i ricordi e costruito i capitoli. Per approfondire, mi avvalgo di letture sulla narrazione autobiografica. Esploro come il racconto di Sé possa diventare uno strumento di crescita e riflessione.
“Quando il racconto autobiografico si fa sosta riflessiva o ci accompagna strada facendo; quando ci sorprendiamo a meditare sulla vita, già la filosofia ci abita da un pezzo ormai!” (D. Demetrio, Filosofia del camminare)
L’Autobiografia: Il Racconto di Sé
Il Racconto di Sé ha un valore autoformativo quando stimola l’“intelligenza autobiografica”1, che si realizza in due modi:
- Pensiero retrospettivo: aiuta a contenere la dispersione dei ricordi e a rivitalizzare la memoria.
- Pensiero introspettivo: permette una riflessione sempre più profonda, complessa e consapevole su di sé e sulla realtà.
La Forza del Pensiero Abduttivo
L’autobiografia potenzia il Pensiero Abduttivo2 che procede per metafore, analogie e immagini simboliche presenti nel racconto di sé:
- Simbologia: il narratore interpreta la propria vita in modo creativo, trovando connessioni tra eventi che non seguono una logica lineare.3
- Pensiero analogico e ipotetico-induttivo: richiede intuizione, creatività, sintesi e immaginazione, favorendo lo sviluppo dell’emisfero destro del cervello.4
L’ Autobiografia: Il Bisogno di Raccontarsi: Parte 1
Il bisogno di raccontarsi nasce spesso dalla sofferenza, che cerca espressione attraverso le parole. Nel primo capitolo ho trasformato sentimenti rimasti a lungo inespressi, sublimandoli nella narrazione. Questo processo di distanziamento catartico genera benessere.
“Ero in un momento molto difficile della mia vita, un periodo in cui mi sentivo persa e sopraffatta. Cercavo un modo per sfuggire alla sofferenza, ma alla fine ho trovato la forza di chiedere aiuto. Quel gesto mi permise di vedere la mia situazione da una nuova prospettiva e di iniziare un percorso di guarigione. La conversazione con una persona fidata è stata un punto di svolta. Da lì, ho iniziato a ricostruire la mia vita, pezzo dopo pezzo.“
L’ Autobiografia: Il Bisogno di Raccontarsi: Parte 2
Ho scelto di iniziare l’autobiografia con un episodio triste e scioccante. So bene che “quell’esperienza“5 mi ha resa la donna che sono oggi.
Ho fissato il ricordo per non lasciarlo svanire nell’oblio. In questo modo, ho sfidato il naturale processo della memoria.
“La comprensione e l’amore dei miei genitori furono fondamentali per il mio recupero. L’aiuto medico e l’antidepressivo mi permisero di ritrovare equilibrio. Con il tempo, riscoprii il piacere delle piccole cose e decisi di riprendere gli studi. Una sera di inizio agosto 2000, ebbi una conversazione con mio padre che segnò una svolta. Mi spronò a realizzarmi come donna e come persona. Iniziai a studiare Pedagogia e superai con successo il test di ammissione alla Triennale in Scienze dell’Educazione alla Bicocca. Poi proseguii con la Specialistica in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa. Quello fu l’inizio di un nuovo capitolo della mia vita: la rinascita.”
La Dimensione dell’Esperienza Educativa
Recuperare l’esperienza nella ricerca educativa, secondo John Dewey, significa concepire l’educazione come un processo dinamico intrecciato alla vita.
L’ Autobiografia: Crescita e Cambiamento
Riflettere sull’esperienza educativa significa darle significato, esplorare le difficoltà e trovare soluzioni per guidare esperienze future6 . Questo approccio vede l’educazione non solo come conoscenza, ma come trasformazione personale e sociale.
“Nel corso della mia vita, l’educazione ha avuto un ruolo fondamentale, non solo a livello accademico, ma anche nella mia crescita personale. Durante gli studi universitari in Pedagogia, ho imparato a considerarla un viaggio continuo di scoperta e trasformazione. Questo percorso mi ha aiutata a sviluppare una maggiore consapevolezza di me stessa e delle mie capacità.“
L’ Autobiografia: L’Importanza della Riflessività
La riflessione sull’esperienza educativa è un momento di ri-descrizione, basato su schemi e strutture già presenti in essa. Questa riflessività aiuta a individuare criticità e incongruenze, offrendo spunti per chiarificazioni e soluzioni.
“Durante il mio percorso formativo, ho affrontato diverse sfide che hanno contribuito alla mia crescita e maturazione. L’esperienza universitaria è stata un periodo di intensa riflessione e autoanalisi. Mi ha aiutata a comprendere meglio le dinamiche educative e a sviluppare strategie efficaci per superare le difficoltà.“
L’ Autobiografia: L’Educazione come Processo Continuo
L’educazione è un processo continuo che accompagna tutta la vita, influenzando crescita personale e professionale. Dewey vedeva l’educazione come uno strumento per sviluppare pensiero critico e riflessivo, aiutando ad affrontare le sfide con consapevolezza.
“Nel corso della mia vita, ho sempre cercato di integrare le lezioni apprese dalle mie esperienze educative nel mio percorso professionale. Come Pedagogista Digitale, ho sviluppato processi educativi basati su una visione dinamica e continua dell’apprendimento. Il mio obiettivo è aiutare le persone a crescere e a svilupparsi in modo olistico.“
L’ Autobiografia: Apprendimento Esperienziale
Un elemento essenziale dell’esperienza educativa è l’apprendimento esperienziale, che avviene attraverso l’esperienza diretta e la riflessione. Questo approccio ha avuto un ruolo centrale nella mia formazione e nella mia pratica educativa.
“L’apprendimento esperienziale mi ha insegnato l’importanza di coinvolgere attivamente le persone nel processo educativo. Incoraggiarle a esplorare, sperimentare e riflettere sulle proprie esperienze rende l’apprendimento più significativo e rilevante. Questo metodo favorisce anche lo sviluppo di competenze critiche e creative.“
L’ Autobiografia: L’Integrazione delle Esperienze di Vita
Integrare le esperienze di vita nell’educazione arricchisce l’apprendimento e favorisce una comprensione più autentica della realtà. Questo approccio aiuta a sviluppare una visione olistica del mondo, fondamentale per affrontare le sfide della società contemporanea.
“Infine, integrare le esperienze di vita nel processo educativo è fondamentale. Le esperienze personali e professionali sono risorse preziose che arricchiscono l’apprendimento e la crescita. Durante il mio percorso educativo, ho sempre fatto tesoro di queste esperienze, utilizzandole per offrire prospettive uniche alle persone che incontro.“
La Cultura della Differenza di Genere in Famiglia
Nel capitolo dedicato alla famiglia, ho presentato le persone che mi hanno accompagnato nella vita, evidenziando caratteristiche personali e caratteriali.


Ho voluto evidenziare il tema della differenza di genere, che in questo contesto familiare ho vissuto in modo contraddittorio e conflittuale.
Finché il nucleo era intatto, questa differenza restava implicita. Solo quando i membri della famiglia hanno espresso le loro unicità, ho iniziato a metterla in discussione, riconoscendola come parte del processo di crescita.
L’Identità di Genere
L’identità di genere è uno schema psicologico, un copione familiare, un mito, un paradigma. Il copione familiare è un modello operativo con aspettative condivise su ruoli e azioni. Alcuni miti stabilizzano il sistema, altri ne favoriscono il cambiamento. Nell’approccio narrativo conta la verosimiglianza, non la verità storica. I miti influenzano la relazione tra i sessi e le dinamiche familiari.
Nell’approccio narrativo non conta la Verità Storica, ma la verosimiglianza, la Verità Narrativa, un criterio socialmente costruito. Esistono miti di coppia, come “L’uomo deve proteggere la donna” o “Nella nostra relazione la differenza di genere non conta”. Ci sono anche miti familiari, come “Le donne di questa famiglia sono forti” o “In casa nostra non c’è differenza tra maschi e femmine”.7
“Crescere in una famiglia numerosa, con ruoli ben definiti, ha influenzato profondamente la mia identità di genere. Mio padre mi ha sempre lasciata libera di esplorare e sperimentare. Mia madre, invece, aveva aspettative precise su come dovessi comportarmi come “donna di buona famiglia”. Queste dinamiche hanno plasmato la mia percezione di me stessa e il mio modo di interagire con il mondo.“
Strategie di Convivenza e Negoziazione
Per comprendere la differenza di genere in famiglia, è essenziale individuare strategie di convivenza e negoziazione tra sessi e generazioni. Le relazioni tra uomo e donna nella coppia spesso diventano un terreno di confronto e affermazione. L’approccio narrativo offre una visione profonda e dinamica della co-costruzione dell’identità di genere.
Per comprendere la co-costruzione dell’identità di genere, è fondamentale ascoltare le storie delle persone e intrecciarle tra loro. Questo permette di individuare strategie latenti di coppia, modelli di differenziazione coordinata e condivisa che danno senso alle scelte. L’approccio narrativo offre così una visione profonda, multifocale e dinamica.8


“Durante la nostra crescita, si verificò una divisione tra “i grandi” e “i piccoli”, con lotte e rivendicazioni generazionali. Queste dinamiche hanno influenzato le nostre relazioni, alimentando incomprensioni e conflitti. Con il tempo e la maturità, però, siamo riusciti a superarli, trovando un nuovo equilibrio.“
La Famiglia Autopoietica
La famiglia, si definisce “auto-mito-poietica”9 perché costruisce se stessa e le identità dei suoi membri attraverso racconti, miti e leggende. Infatti, l’identità non è determinata biologicamente, ma si forma come racconto di sé all’interno di contesti molteplici. Di conseguenza, il percorso che porta una femmina o un maschio a riconoscere la propria unicità si sviluppa nelle relazioni con gli altri significativi e con l’Altro necessario, come scrive Cavarero. Di conseguenza, il percorso che porta una femmina o un maschio a riconoscere la propria unicità si sviluppa nelle relazioni con gli altri significativi e con l’Altro necessario, come scrive Cavarero.
La Memoria Familiare
La memoria familiare è dunque una forma di conoscenza che dà significato alla nostra identità personale e sociale.
La famiglia tramanda storie, diverse ma simili, ricche o essenziali, fatte di assenze, vuoti, solitudine, avventure e scoperte.
Ogni storia co-crea la realtà e l’identità familiare. Memoria familiare e autobiografica sono interconnesse e si alimentano reciprocamente. Quando manca una narrazione, le crisi rischiano di diventare stagnanti. Senza un patrimonio di significati, è difficile interpretarle e affrontarle.10
“Ricordo i racconti di mia madre sulla mia nascita, le esperienze di crescita con i miei fratelli e sorella, e le difficoltà affrontate insieme. Questi ricordi hanno avuto un ruolo fondamentale nella costruzione della mia identità e nella comprensione del valore delle relazioni familiari. Le storie tramandate dai miei genitori hanno creato un senso di continuità e appartenenza, influenzando profondamente la mia vita.“
Casa, Dolce, Casa
Nel capitolo “Casa… dolce… casa” ho evocato ricordi attraverso parole legate a esperienze sensoriali: oggetti, emozioni, volti, luoghi, odori, suoni, colori, sapori, scene.
“Che bello tornare a casa!”
“Ogni giorno, al rientro da un girovagare frenetico tra mille impegni, ripeto questa frase. In effetti, tornare a casa significa ritrovare le persone che amo, ma anche rientrare in quello spazio che mi protegge. Non a caso, è il luogo dove posso riposare, rifugiarmi e concedermi momenti di riflessione… davanti al computer.
Nel mio vissuto ho abitato in diverse case, ed alcune di queste mi sono rimaste nel cuore. La prima casa dei miei ricordi è quella di Via Canova, 9 a Milano. Era la casa della mia giovinezza e lasciarla è stato un trauma. Spaziosa, luminosa ed elegante, riusciva a offrire privacy anche in una famiglia numerosa.
Tra i tanti ricordi, un altro indelebile riguarda le tazze della colazione. Sembravano uguali, eppure ognuna aveva un dettaglio diverso, una personalizzazione. Quest’ultima creava un senso di appartenenza e unicità nella nostra famiglia.“
Viaggi e Fotografia
Nella sezione dedicata ai viaggi ho privilegiato le foto, poiché il pensare per immagini mi ha spinto a cercare sempre un punto di vista.
In questo modo “Guardare e essere guardata” diventano parte del racconto.
Come scrive Anna D’Elia: “Assumendo domande come traccia del lavoro autobiografico, non possiamo prescindere dalla messa a fuoco del nostro sguardo sul mondo.”
“Quel gran genio del mio amico, lui saprebbe cosa fare…”: così cantavano Mogol e Battisti, che hanno ispirato il titolo “Sì, Viaggiare” nella mia autobiografia.
La voglia di viaggiare è sempre stata una parte essenziale della mia vita. Viaggiare è un’esperienza formativa che sviluppa il fai da te, l’adattamento, la socializzazione e la tolleranza.
Quando i miei genitori ebbero la possibilità economica di portarci in viaggio, iniziarono con il Sud Italia. Viaggiavamo su un Ford Transit, dormendo in tenda ed in seguito in una roulotte , vivendo esperienze indimenticabili.
I viaggi mi hanno insegnato a rispettare e riconoscere la dignità degli altri, a sopportare il disagio e a sorridere di più.
Le esperienze con la famiglia e gli amici mi hanno arricchita, offrendomi nuove prospettive e un senso di avventura. Dalle gite in montagna alle escursioni in Tanzania, ogni viaggio ha contribuito a formare la mia identità e a costruire ricordi preziosi.
La fotografia ci aiuta a dare nuovo significato al passato e a vivere la vita come un racconto. L’album di famiglia diventa un luogo di ripasso autobiografico. In esso ritrovo tracce di me stessa e delle persone che mi circondano.
La Lettura della Propria Storia
“Ogni foto è un ricordo futuro“11.
“E’ il ripetersi infinite volte di ciò che ha avuto luogo una sola volta“.12
Quando l’autore legge la propria storia, ritrova un’immagine fissata sulla pagina. La narrazione si completa solo con il distacco, leggendo il proprio racconto come se appartenesse a un altro.
La Scrittura Stra-Ordinaria
La scrittura è sempre stra-ordinaria infatti ci porta oltre l’ordinario, generando un turbamento esistenziale con valore pedagogico. D’altra parte quando ci avviciniamo a testi autobiografici, anche semplici o spontanei, scopriamo che seguono comunque una struttura.
Per questo motivo chi scrive organizza i ricordi secondo diversi ordini:
- Cronologico, ricostruendo periodi e fasi della vita in sequenza.
- Topologico, rievocando i luoghi vissuti o attraversati.
- Personologico, mettendo in rilievo le figure cruciali incontrate nel tempo.13
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- D. Demetrio, (1996), Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina Editore, Milano p. 63 ↩︎
- L. Formenti, (1996), La storia che educa: contesti, metodi, procedure dell’autobiografia educativa, Adultità, n. 4, p.87 ↩︎
- A. Bolzoni, (1999), I concetti e le idee, in D. Demetrio (a cura di), L’educatore auto(bio)grafo,Il metodo delle storie di vita nelle relazioni di aiuto, Edizioni Unicopli, Milano, pp. 35-36 ↩︎
- I. Gamelli (1995), La conoscenza di sé e il pensiero introspettivo: la meditazione, in D. Demetrio (a cura di), Per una didattica dell’intelligenza. Il metodo autobiografico nello sviluppo cognitivo, F. Angeli, Milano, p. 120 ↩︎
- La parola “esperienza” scrive Dewey, “comprende ciò che gli uomini fanno e soffrono, ciò che ricercano, amano, credono e sopportano e anche il modo in cui gli uomini agiscono e subiscono l’azione esterna, i modi in cui essi operano e soffrono, desiderano e godono, vedono, credono, immaginano, cioè i propri processi dell’esperire” ↩︎
- M. Striano, (2003), La narrazione come dispositivo di riflessione sull’esperienza educativa, in I. Gamelli, (a cura di) Il prisma autobiografico, Riflessi interdisciplinari del racconto di sè, Edizioni Unicopli, Milano, pp. 123-141 ↩︎
- CIFS, (2002), op. cit., p. 41-46 ↩︎
- CISF, (2002), La famiglia si racconta, la trasmissione dell’identità di genere tra le generazioni, in L. Formenti (a cura di), San Paolo, Cinisello Balsamo, pp.47-51 ↩︎
- L. Formenti, I. Gamelli (1998), Quella volta che ho imparato. La conoscenza di sé nei luoghi dell’educazione, Raffaello Cortina, Milano, p.31 ↩︎
- CIFS, (2002), op. cit., p. 38-40 ↩︎
- I. Calvino, (1977) Le avventure di un fotografo, in Gli amori difficili, Einaudi, Torino, p.41 ↩︎
- R. Barthes, (1980), La camera chiara. Nota sulla fotografia, Einaudi, Torino, p.6 ↩︎
- D. Demetrio, (1999), Da autobiografi a biografi, in D. Demetrio (a cura di), L’educatore auto(bio)grafo,Il metodo delle storie di vita nelle relazioni di aiuto, Edizioni Unicopli, Milano, pp. 69-75 ↩︎
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